Il Messaggero, 10 settembre 2020
Londra riduce le porzioni di pizza
Londra dichiara guerra al grasso, partendo dai ristoranti e chiedendo a pizzerie e altri locali di tagliare del 20% le calorie dei loro piatti. Come? Riducendo, se necessario, le porzioni, ma senza arrivare al punto immorale e controproducente di invogliare il cliente a ordinarne due. Ma anche tagliando i grassi e alleggerendo le ricette e rendendo il tutto più sano grazie a una riduzione drastica del sale. Le nuove linee guida del governo britannico, pubblicate in questi giorni, fissano un obiettivo su base volontaria da raggiungere entro i prossimi quattro anni, nell’ambito di quella lotta all’obesità di cui lo stesso premier Boris Johnson si è fatto paladino da quando si è ammalato di Covid e ha scoperto di essere stato particolarmente vulnerabile proprio per via del suo peso.
L’INVITO
E l’invito non è stato fatto solo ai ristoranti, ma anche ai take away e ai servizi di consegna a domicilio, particolarmente popolari nelle grandi città e in particolare in un periodo come questo. Nel suo documento, il governo fa l’esempio della pizza, che da sola, con 2300 calorie, può arrivare a superare l’apporto giornaliero raccomandato per un uomo. Ma si tratta per lo più delle pizze molto cariche e condite delle catene britanniche o americane a basso costo, dove il conto delle calorie può facilmente schizzare grazie a aggiunte poco ortodosse come pesto, salame, panna e pancetta (magari tutti insieme) e a impasti oleosi e pesanti. Il problema è che il consumatore medio potrebbe non riconoscere la differenza e accontentarsi, in molti casi, di mandare giù qualcosa di sostanzioso e economico.
«C’è una grande tendenza dell’industria verso il cibo sano e consapevole, quindi stiamo attenti a selezionare con attenzione i nostri ingredienti per avere anche un valore nutrizionale bilanciato», spiega Gianluca D’Angelo di Zia Lucia, la cui pizza è stata definita dal Financial Times «l’evocazione più rilassata del buon gusto italiano dai tempi di Monica Vitti» e dove già esistono nel menù opzioni più sane come gli impasti integrali e senza glutine. «Possiamo fare tutti la nostra parte per rimanere sani, per proteggerci dal Covid e per togliere pressione dal servizio sanitario», ha spiegato il sottosegretario alla salute Jo Churchill, chiedendo alla ristorazione di fare la sua parte per aiutare la gente ad alimentarsi in un modo equilibrato. Cosa che chi mangia spesso fuori rischia di poter controllare di meno, come dimostra il fatto che in media ingerisce in media 300 calorie in più al giorno.
Anche i menù per bambini dovranno ridurre del 10% le calorie, mentre per patatine, snack salati e panini l’obiettivo è il 5%. Il Forum nazionale sull’Obesità ha però fatto presente come già in passato le iniziative portate avanti su base volontaria abbiano dato risultati deludenti e ha chiesto un’azione più incisiva da parte di Boris Johnson. «Il governo sta iniziando a sembrare un disco rotto», ha spiegato Tam Fry, del Forum, ricordando quando si esortò l’industria delle bevande e quella alimentare a tagliare il 20% dello zucchero da alcune categorie entro il 2020, senza risultati, a differenza della tassa sullo zucchero del 2018, che invece funzionò. O anche l’iniziativa dei semafori sui pacchi di prodotti alimentari per indicare quelli ad alto contenuto calorico: ai tempi preoccupò molto i produttori di pasta, che si vedevano accostati con un bollino rosso ad alimenti molto meno sani. Poi alla fine l’iniziativa fu piano piano dimenticata e la pasta continuò a comparire indisturbata, e celebrata, sulle tavole degli inglesi.