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 2020  settembre 10 Giovedì calendario

Costacurta vota no al referendum

La voce di Billy Costacurta, il grande difensore del Milan di Arrigo Sacchi, risuona allegra al telefono.
Volevo chiederle come vota al referendum.
«Voto No».
Perché?
«Non voglio vedere le facce di Di Maio e Toninelli trionfanti».
Un No politico?
«Penso che la riforma del taglio dei parlamentari abbia al suo interno cose buone, ma anche molte non condivisibili. Tuttavia non è una riforma epocale. Non cambia le nostre vite».
Nella sua cerchia come si schierano?
«Non frequento né fondamentalisti di sinistra né di destra. Le opinioni sono più o meno divise».
Come vota sua moglie, Martina Colombari?
«Mi sembra orientata per il Sì, ma deciderà all’ultimo. Forse alla fine riuscirò a portarla dalla mia parte. Del resto non ama i grillini nemmeno lei».
Qual è il limite del taglio dei parlamentari?
«Molti territori non saranno più rappresentati. Mi pare grave.
Diverse zone d’Italia non avranno voce».
Molti agitano l’argomento del risparmio.
«Non mi sembra un argomento decisivo. Né si può garantire, come dicono, che avremo lavori parlamentari più snelli.
Comunque, non cadrà il governo sul referendum, sono molto più importanti le regionali».
Il governo Conte se l’è cavata durante la pandemia?
«Penso di sì. Sono stati mesi complicati, e le decisioni da prendere erano tutte difficilissime. Ora il Paese è alle prese con una crisi economica. Servirà uno sforzo grandissimo per uscirne. Ma governare è un po’ come essere genitori: ogni giorno sei alle prese con le domande difficili».
Lei ha figli?
«Uno, di 16 anni. Gioca a basket».
Ha sentito Berlusconi?
«Non lo sento da 19 anni».
E perché? Fu il presidente del suo Milan.
«Mi fece il regalo per il matrimonio, ma non l’ho mai frequentato fuori dal calcio. Credo che si risentì perché una volta, anni fa, parlai bene di Veltroni».
Lei non è mai stato berlusconiano?
«No. Nel 2015 andai con Giuliano Pisapia sul palco del Gay Pride. Un’esperienza bellissima. Bella quasi come alzare la Coppa dei Campioni. Mi giunse voce che Berlusconi non aveva apprezzato».
Perché la paragona alla Champions?
«È stata una della mie giornate migliori. Una grande festa di civiltà. Ho davanti agli occhi Corso Buenos Aires pieno come un uovo. Senti che fai un battaglia per i diritti, cose che cambiano in meglio una società».
Perché gli sportivi in genere hanno paura di esporsi?
«Alcuni temono di essere criticati, altri rifuggono i contrasti, altri non hanno interessi culturali o sociali, ad altri ancora difetta la personalità per sostenere una polemica».
Lei non teme le critiche?
«Una volta, da giocatore, dissi che Maroni per la sedia era capace di calarsi le braghe. Successe un putiferio. Li capisci che bisogna avere le spalle larghe».
Il calcio senza pubblico quanto potrà reggere?
«Anni no, ma per un po’ sì. Ci vuole pazienza in questa fase. Prima viene la salute. Le partite si possono vedere in tv. Io guardo i play off della Nba. Sono sfide bellissime. In questa fase basta e avanza».