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 2020  settembre 10 Giovedì calendario

Biografia di Joe Burrow

Ora più che mai, è la lega dei quarterback. Il ruolo, si sa, ha sempre acceso la fantasia del tifosi e raccontato storie leggendarie, arricchite in questo folle e drammatico 2020 da pagine destinate a restare nella storia. La prima scossa elettrica è stata provocata dal più grande di tutti, Tom Brady, che il 17 marzo ha annunciato la fine dell’avventura ventennale con i Patriots, da lui condotti alla vittoria di sei Super Bowl, e il contestuale approdo ai Tampa Bay Buccaneers, subito schizzati al vertice dei pronostici malgrado i 43 anni del marito di Gisele Bundchen. Poi a luglio, nel pieno di una pandemia che stava seriamente mettendo a rischio il campionato e che ha richiesto protocolli assai stringenti (oltre ai tamponi e alle bolle negli allenamenti, le squadre non hanno giocato partite di preseason), Patrick Mahomes, che di Brady è l’erede designato, è stato omaggiato dai Kansas City Chief, portati al titolo dopo 50 anni, di un contratto decennale da 503 milioni di dollari, il più ricco della storia dello sport. Sarà lui, la stella del presente e del futuro, ad aprire stanotte la stagione che culminerà nel Super Bowl del 7 febbraio 2021 a Tampa, ospitando Houston. Guidata, guardacaso, da un altro quarterback in prima pagina per il contratto firmato ad agosto: Deshaun Watson si è legato ai Texans fino al 2025 per 177 milioni di dollari (150 milioni di euro) e nei primi due anni, per il gioco delle clausole, guadagnerà più dello stesso Mahomes.
Famiglia sportiva
Un quarterback è stato anche scelto al numero uno del draft dai decaduti Cincinnati Bengals, due finali giocate e perse negli anni 80 ma incapaci di vincere una partita di playoff dal 1988. Solo che nel caso di Joe Burrow non siamo di fronte al classico predestinato, ma piuttosto ad una delle più clamorose maturazioni agonistiche che si ricordino. A parte mamma Robin, di professione maestra elementare, in famiglia lo sport è un’eredita quasi centenaria: una nonna detiene ancora il record liceale del Mississippi per punti realizzati in una partita di basket femminile (82, però negli anni 40...), i suoi due fratelli maggiori hanno giocato a football (come uno zio) e papà Jim sempre nel football è stato coach per quarant’anni. Infatti il piccolo Joey si innamora della palla ovale a sei anni, quando è in tribuna al Rose Bowl del 2001 che assegna il titolo Ncaa: il babbo è assistente a Nebraska, che quel match lo perderà. Ma i Cornhuskers resteranno per sempre nel cuore del bambino, un amore mai ricambiato. A 15 anni, seguendo le peregrinazioni del genitore, si sposta in Ohio e frequenta il liceo di Athens, dove abbandona la tradizione familiare che vuole tutti difensori e comincia a giocare quarterback, ma solo perché è l’unico della classe che passa dignitosamente il pallone. Però è dotato, e per tre stagioni porta i Bulldogs ai playoff, dove non avevano mai vinto una partita e con lui ne centrano sette: quanto basterà, nel 2019, per dedicargli lo stadio della scuola.

Anatroccolo e cigno
Nel 2015 è eleggibile per il college e il sogno sarebbe di tornare nel Nebraska, ma i reclutatori di Lincoln lo bocciano perché, scrivono, non ha forza nelle braccia. Sceglie così Ohio State, ma dopo due anni da riserva lascia l’ateneo quando si rende conto che sarebbe stato un rincalzo anche nella terza stagione. Ancora una volta, i Cornhuskers non alzano neppure la cornetta e così finisce a Lousiana State, convinto da coach Orgeron con una cena a base di gamberi d’acqua dolce. Il primo anno con i Tigers è discreto, ma le ultime quattro partite convincono lo staff tecnico a cambiare per la nuova stagione gli schemi d’attacco, troppo legati alle corse. E Burrow risponde con un’annata indescrivibile: 60 touchdown, record assoluto per i college, di cui 8 (7 su passaggio e uno di corsa) nella semifinale per il titolo contro Oklahoma in quella che molti considerano la più grande prestazione singola nella storia del football universitario, e soprattutto il titolo nazionale contro Clemson, condito da altri 6 td. All’inizio della stagione, gli esperti lo davano al quinto giro del draft e anzi alcuni pensavano potesse non essere neppure scelto. Sei mesi dopo, Burrow vincerà l’Heisman Trophy, il premio per il miglior giocatore di college, con il 97% dei voti, un record, per la gioia di un tifoso di Lsu, Matt Porter, che aveva puntato 50 dollari sul suo successo quando la quota era 200 a 1. La nuova scommessa di Burrow, adesso, è di rendere i Bengals una squadra da playoff (da quest’anno allargati a 14 squadre anziché 12) dopo aver vinto appena due partite l’anno scorso e riscaldare i suoi tifosi quando torneranno allo stadio (al momento solo 7 squadre ammetteranno pubblico ridotto). L’orizzonte però, è già stato tracciato da Kevin Faulk, ex compagno di squadra di Brady ai Patriots e oggi dirigente a Lsu: «Per equilibrio, competitività e spirito di vendetta mi ricorda davvero Tom». Ai posteri l’ardua sentenza.