Il Sole 24 Ore, 9 settembre 2020
Solo la Cina ha tenuto chiusa la scuola più dell’Italia
Il problema della scuola italiana non sono le “classi pollaio”. A dirlo è il rapporto Education at a glance 2020 dell’Ocse che, come gli altri anni, anche stavolta arriva puntuale alla vigilia del nuovo anno scolastico. E che dipinge il solito affresco sui problemi dell’istruzione di casa nostra: spendiamo poco e soprattutto male, con gli investimenti pubblici che si riducono man mano che la scala formativa avanza; abbiamo una classe docente troppo anziana (con appena l’1% di under 30 in cattedra); i nostri prof sono sottopagati (ma lavorano anche meno ore degli altri) perché non hanno una prospettiva di carriera. Considerazioni di sistema che l’organizzazione parigina ripete con cadenza annuale e che quest’anno vengono arricchite da un’analisi sugli effetti prodotti dalla pandemia in corso. Da cui emerge un altro dato curioso sul nostro Paese: dopo la Cina siamo quelli che hanno tenuto le scuole chiuse più a lungo.
Italia seconda per lockdown
L’Ocse ricorda che molti Paesi in giro per il mondo hanno reagito alla pandemia globale chiudendo le scuole e le università. Una scelta probabilmente obbligata ma di cui rischiamo di pagare il conto per decenni. Citando uno studio degli economisti Hanushek e Woessman sull’impatto della perdita di un terzo dell’anno scolastico per l’attuale popolazione studentesca, il rapporto evidenzia come il Pil possa essere «dell’1,5% più basso in media per il resto del secolo». E l’Italia è tra i paesi con un lockdown più lungo ai danni degli istituti scolastici: 18 fine settimane a fine giugno contro le 14 settimane in media degli altri Paesi industrializzati. Solo la Cina, con 19, ci ha battuto. Unica consolazione il fatto che quelle 18 settimane ne includono tre di vacanze estive.
Classi sovraffollate
La ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, anche ieri al Senato ha indicato nella lotta alle “classi pollaio” uno dei grandi impegni da proseguire nei prossimi mesi. Eppure, numeri alla mano, la dimensione media di una classe, da noi, è di 19 allievi nella scuola primaria pubblica contro i 21 degli altri Paesi Ocse. Stesso discorso alle medie: da noi accolgono 21 studenti per classe, rispetto ai 23 della media. A dimostrazione del fatto che se molte scuole tricolori stanno faticando a riportare tutti gli alunni in classe per la mancanza di spazi adeguati è soprattutto per la vetustà del nostro patrimonio edilizio. Abbiamo scuole piccole, vecchie e troppo spesso insicure.
Pochi giovani in cattedra
Passando alla parte core di Education at a glance 2020 il quadro che emerge della scuola italiana è uguale a quello degli anni scorsi. Complice una carriera inesistente, i nostri insegnanti continuano a guadagnare meno degli altri. Sia all’inizio che alla fine della loro avventura in classe. Una discrepanza che non si giustifica solo con il fatto che insegnano meno ore (626 ore annue alle superiori contro le 680 degli altri). Come se non bastasse sono anche troppo anziani: gli under 30 in cattedra sono solo l’1% del corpo docente contro il 12 dell’Ocse. A dimostrazione del fatto che la nostra non è una scuola per giovani. E aver rinviato all’autunno, su pressione dei sindacati e una parte della maggioranza, i concorsi da 78mila posti sicuramente non ci aiuterà a invertire la rotta nel breve periodo.
Investimenti ancora bassi
Arriviamo così alla nota dolente delle risorse. I dati utilizzati dall’Ocse non sono recenti e quindi non intercettano l’inversione di rotta dell’ultimo anno negli investimenti per l’istruzione (ad esempio i 7 miliardi in più, di cui 2,9 per il nuovo anno scolastico, citati spesso dalla ministra Azzolina). Nel 2017 il nostro Paese ha speso il 3.9% del Pil per l’intera filiera formativa, dall’asilo all’università, cioè l’1,1% in meno rispetto alla media complessiva. Se poi scendiamo più in profondità scopriamo che la spesa italiana per studente dalla primaria alle superiori (10.036 dollari all’anno) è in linea con gli altri Paesi industrializzati, anzi di 99 dollari più elevata. Mentre il vero baratro riguarda l’università. Il costo di 12.226 dollari per allievo risulta infatti di oltre 4mila dollari inferiore alla media Ocse. Numeri, questi sì, che parlano da soli e che potrebbero ancora peggiorare se il protrarsi dell’emergenza costringesse il governo a dirottare su sanità e welfare sociale gran parte degli stanziamenti di lungo corso.