Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  settembre 08 Martedì calendario

Intervista a Chris Froome

In diversi hanno pensato che non vincerà mai più il Tour de France. Che resterà fermo a 4, contro i 5 di Anquetil, Merckx, Hinault e Indurain. Qualcuno per la verità lo ha anche messo nero su bianco. Chris Froome non poteva non averci fatto caso, ma quando si entra nell’argomento risponde con un sorriso che si allarga fino a diventare franca risata: «L’ho trovato persino divertente! Ma se non pensassi di poter ritornare al cento per cento dopo l’infortunio del 2019, non mi sarei mai rimesso in gioco in un progetto di lungo termine». Il 35enne britannico si riferisce ovviamente all’intesa (dal 2021) con Israel Start Up Nation. Ma sarebbe sbagliato, in realtà, anteporre tutto questo alla stretta attualità. Il mare di Lido di Camaiore è subito lì, dall’altra parte della strada, il sole ricorda come l’estate ancora non sia finita e la prima tappa della Tirreno-Adriatico – vinta poco più di tre ore dopo in volata da Pascal Ackermann – sta per partire. Froome si appoggia al bus di Ineos Grenadiers, lo squadrone britannico che per inciso sta pensando anche di sviluppare un team Continental, e risponde con grande disponibilità alle domande della Gazzetta e di cyclingnews dopo aver ricevuto – a debita distanza – l’incoraggiamento di un turista britannico innamorato della Versilia. Nel 2013 Chris, quattro mesi prima di firmare il primo Tour, alla Corsa dei Due Mari chiuse secondo dietro a Vincenzo Nibali e davanti ad Alberto Contador, in una foto rimasta in pratica unica, che adesso sommerebbe 18 grandi giri vinti... Sette anni dopo, è cambiato praticamente tutto, ma l’interesse attorno a Froome resta sempre molto alto.
Froome, anzitutto com’è la sua condizione?
«Buona. Quando ho saputo che non sarei stato al via del Tour de France, nell’immediato ho ridotto un po’ il volume degli allenamenti in bici e mi sono concentrato di più sulla costruzione della forza muscolare. Sentivo che mancavo un po’ nel settore, diciamo, dell’alta intensità. E adesso questa Tirreno-Adriatico è l’ideale per me, 8 giorni di gara di fila. Sono entusiasta di esserci e spero di trovare quello che mi manca».
Ha anche ambizioni personali?
«Penso che la priorità sarà lavorare per Geraint Thomas, che può avere chance di vittoria. “G” dovrà fare il Giro d’Italia e questo è un test importante per lui (nel team ci sono anche Dennis e Ganna che hanno messo nel mirino la crono finale di San Benedetto, ndr). La Tirreno-Adriatico è una corsa esigente, spettacolare, prestigiosa. Il mio obiettivo più a lungo termine è essere pronto per la Vuelta».
Quanto è stato difficile non essere selezionato per il Tour?
«È una decisione che ho compreso al cento per cento. Sono il primo a riconoscere che non ero ancora dove avrei dovuto essere. E quando è così non ci poteva essere una scelta differente. Per questo ho reagito nel migliore dei modi, continuando il percorso verso la forma ideale».
Il Tour le manca? Lo sta guardando?
«Sì, l’ho seguito e da spettatore lo sto trovando molto divertente, incerto e combattuto. Roglic è in una posizione dominante, non sarà facile guadagnargli tempo. Pogacar mi ha impressionato. Ma Bernal sta crescendo, mi sembra che sia sulla strada giusta. Un’altra domanda alla quale è difficile rispondere è se Roglic riuscirà a tenere lo stesso livello per tutte le tre settimane. Ma sono interrogativi del genere a rendere la competizione così interessante. Adesso si aspettano i risultati dei tamponi del primo giorno di riposo, speriamo davvero che si riesca ad arrivare fino a Parigi».
Come proseguirà il suo programma dopo questa Tirreno-Adriatico?
«Probabilmente inserirò un paio di settimane di allenamento in quota. Niente Mondiali, né cronometro né prova in linea. Preferisco continuare a lavorare per la Vuelta. Potrei fare ad ottobre qualche corsa come la Liegi-Bastogne-Liegi, ma vedremo anche giorno dopo giorno quale sarà l’evoluzione della forma e poi si deciderà».
Chris, scusi la franchezza: la lettura che va per la maggiore la considera un corridore praticamente “finito”, se il riferimento è la lotta per il successo in un grande giro. Come la vive?
«Le dirò, in questi ultimi mesi sul mio conto ho letto diverse cose sbagliate, non corrette (sorride, ndr). Come dicevo all’inizio, io sono convinto fermamente del contrario e le scelte che ho fatto lo dimostrano. E comunque solo il tempo dirà che cosa è vero e che cosa non lo è». Nota a margine: né Chris né la squadra israeliana hanno specificato ufficialmente finora di quanti anni sia l’accordo che hanno raggiunto. Secondo quanto abbiamo ricostruito, dovrebbe trattarsi di un triennale a circa 3 milioni di euro a stagione, ma con un bonus molto consistente – circa 2 milioni – in caso di successo al Tour de France.
È uno stimolo in più a dimostrare il contrario?
«Sì, diciamo che dà un bonus di motivazione-extra».
È contento di essere tornato a correre in Italia?
«Molto, perché il successo al Giro d’Italia di due anni fa (finora è ancora la sua ultima vittoria, ndr), ottenuto in rimonta con la lunga fuga partita sul Colle delle Finestre, mi ha fatto legare al pubblico italiano in modo speciale. Sì, questa è la sensazione che ho. Peraltro mi sono sempre divertito a correre qui, adesso mancavo dalle strade italiane da più di un anno...E quella Tirreno-Adriatico di sette stagioni fa era stata davvero una gran gara, combattuta fino alla fine».
Pensa molto al fatto che tra non troppo lascerà ufficialmente Ineos, l’ex Sky, il team con cui ha gareggiato per un decennio e con cui è diventato grande, per cominciare un nuovo capitolo della carriera?
«Sinceramente… non così tanto. Sono ancora molto concentrato a cercare di dare il meglio in questa stagione così strana dopo la pausa per il coronavirus. E se ci riuscirò, la cosa mi darà slancio per cominciare bene pure il prossimo anno. Certo: sarà una sfida completamente differente, e ciò è davvero molto motivante. Perché sento di avere ancora diversi anni di ciclismo pedalato davanti a me».