Corriere della Sera, 7 settembre 2020
Authentic, il cavallo con 12.500 proprietari
Chi ha vinto la notte scorsa con il purosangue americano di 3 anni Authentic la 146ª edizione del Kentucky Derby di galoppo, la corsa di cavalli che per due minuti blocca gli Stati Uniti e sfratta il basket Nba dalle tv? Lei. Ma anche lui. E pure loro. E persino quegli altri. Dodicimilacinquecento altri. I 12.500 microproprietari ciascuno dello 0,001% del cavallo, cioè coloro che per 206 dollari all’inizio dell’estate hanno comprato appunto le miniquote frazionate dal fondo Myracehorse.com di Michael Behrens che in giugno aveva acquistato il 12,5% di Authentic dopo la sua sconfitta in una prova di collaudo.
Un investimento azzeccato, a voler essere venali, perché Authentic, da piccolo alle aste pagato 350.000 dollari da un grande allevamento, e sinora vincitore già di 2,8 milioni in 6 gare, dopo il trionfo nel Derby statunitense è stimato valere almeno 15 milioni in ottica stalloniera. Ma non è per scimmiottare i raider di Wall Street che dodicimilacinquecento appassionati vi hanno investito 206 dollari, bensì per cullarsi nel sogno tipicamente americano di realizzare l’impossibile: e cioè rivaleggiare una volta nella vita con sceicchi, petrolieri, star del cinema e magnati della finanza monopolisti del galoppo mondiale. Il modello del «sindacato», tra persone comuni che mai in vita loro avrebbero i soldi per avere un purosangue da corsa, è piuttosto diffuso in Gran Bretagna (e c’è anche qualche tentativo in Italia, ad esempio a Pisa), ma di solito è per lo più tra un pugno di amici o colleghi che si consorziano per suddividere le spese di un cavallo e poi con lui si divertono a girare per turismo le città degli ippodromi: a San Siro si ricorda ancora l’allegra bolgia dei festanti multiproprietari di uno di questi «cavalli di tutti», l’inglese Ventura Storm a segno nel 2016 nel Jockey Club.
Senza i 150.000 spettatori (causa restrizioni Covid) che di solito gremiscono l’ippodromo di Churchill Downs a Louisville, anche il Kentucky Derby è stato teatro dei manifestanti di Black Lives Matter, che a Greg Harbut, raro afroamericano proprietario di un cavallo al via, chiedevano il ritiro in segno di solidarietà con le istanze del movimento, tanto più nella città dove in marzo l’infermiera afroamericana Breonna Taylor era stata uccisa dalla polizia: ma Harbut ha deciso di correre lo stesso con Necker Island (poi nono) proprio per marcare la differenza, ha spiegato, con il 1962 che aveva visto suo nonno non essere nemmeno fatto entrare all’ippodromo dove gareggiava il suo purosangue.
Mentre Authentic ha regalato al 48enne fantino portoricano John Velazquez il terzo Kentucky Derby in 10 anni e soprattutto il duecentesimo Gran Premio di «gruppo uno», portando a 423 i milioni incamerati dai suoi cavalli in 6230 vittorie nonostante il pauroso incidente in corsa che nel 2006 gli valse una collezione di fratture e 5 mesi di stop, l’allenatore Bob Baffert ha raggiunto il record di 6 successi, che sembrava irraggiungibile da quando Ben Jones l’aveva stabilito tra il 1938 e il 1952. Un guru ippico controverso, Baffert, perché tra i suoi numeri – 305 milioni di montepremi in 3.052 centri – ci sono anche 27 sanzioni (l’ultima una squalifica di 15 giorni della campionessa Gamine) per positività all’antidoping di suoi allievi.