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 2020  settembre 07 Lunedì calendario

Parla la compagna di Assange

Non vorrebbe parlare della sua storia d’amore con Julian Assange e dei due figli nati mentre lui era rifugiato nell’ambasciata ecuadoriana a Londra ma Stella Moris, avvocata 37enne di origine sudafricana con in tasca una cittadinanza svedese e una spagnola, è costretta a rompere il riserbo nella speranza che l’esistenza di questa famiglia sui generis possa evitare al compagno l’estradizione negli Stati Uniti. «Per lui sarebbe una sentenza di morte e per noi qualcosa di simile. I miei figli rimarrebbero senza padre e io perderei l’uomo che amo per sempre» dice in una lunga intervista di Kirsty Lang pubblicata ieri sul magazine del Sunday Times.
Le udienze per l’estradizione riprenderanno oggi dopo la sospensione dovuta al coronavirus e andranno avanti per quattro settimane ma bisognerà aspettare più a lungo per avere la sentenza.
Se sarà processato negli Stati Uniti il fondatore di Wikileaks rischia una condanna a 175 anni di carcere sulla base di 18 capi di imputazione dopo la pubblicazione sul suo sito, fra il 2010 e il 2011, di documenti riservati, ottenuti illegalmente, riguardanti le guerre in Iraq e in Afghanistan.
Gabriel, 3 anni, è la copia di Julian. Biondo, occhi azzurri spalancati sul mondo, prende in mano il telefono per parlare con il padre che è rinchiuso dall’11 aprile 2019 nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh nel sud-est di Londra. Si dicono poche parole, poi il bimbo corre via. L’altro figlio, Max, 19 mesi, ha potuto vedere il papà per la prima volta ad aprile 2019 in carcere dove, però, è vietato il contatto fisico: «Per lui è solo una voce senza corpo. È stato crudele non poterlo abbracciare».
Julian e Stella si sono conosciuti nel 2011 quando lei è entrata a far parte della squadra legale che doveva difendere l’attivista da due accuse di stupro in Svezia. Quando si sono messi insieme, sei anni dopo, sapevano che la loro non sarebbe stata una relazione facile. Avere dei figli poi! «La nostra era una relazione stabile – spiega Moris al Times — e volevamo una famiglia. Abbiamo preso il controllo delle nostre vite perché su questo nessuno avrebbe potuto interferire». Certo la privacy all’interno dell’ambasciata era ridotta all’osso: telecamere ovunque tranne che nella stanza da letto. Ma alla fine, sostiene Stella, le avversità «ti permettono di conoscere il vero carattere di una persona» e lei descrive Assange come «un uomo rinascimentale del XXI secolo», un ritratto molto lontano dal narcisista, paranoico cui siamo abituati. I due avrebbero voluto sposarsi tempo fa. Lui glielo chiese durante un incontro nella realtà virtuale quando lei era incinta di Gabriel. Se ci riusciranno si vedrà.