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 2020  settembre 07 Lunedì calendario

Calcio, in quali paesi gli stadi sono aperti

Dopo i baci telematici, lo smart working e, secondo i maliziosi, il “distanziamento dei cervelli”, può nascere una nuova pratica sociale post-virus: l’abbraccio a distanza da stadio. Tra tifosi piazzati un seggiolino sì e due no. Potrà la gente avere un minimo di contatto umano dopo un gol o forse dovrà limitarsi a mimare la gioia?

La situazione
Si scherza, ma neanche tanto. In una dozzina di campionati europei le tribune sono state riaperte, anche se in percentuali ridotte. Al momento è escluso che succeda in Italia: il premier Giuseppe Conte ha detto “no” e nel decreto di oggi sarà confermato il divieto agli stadi aperti. Ma intanto l’Europa si muove. Uno studio delle Leghe Europee su trenta campionati continentali di serie A spiega come il calcio sia partito, o stia per partire, quasi dovunque. La Francia – una delle prime a fermarsi – aveva così tanta fretta che ha fissato la prima giornata il 22 agosto, in piena Champions. Inghilterra e Spagna il 12 settembre, l’Italia e la Germania la settimana dopo. Alcuni devono ancora finire la stagione 2019-20 (come Svezia e Norvegia). Soltanto in Kazakistan è tutto ancora sospeso. Recuperato il calcio, il prossimo obiettivo è: recuperiamo i tifosi. Anche per aiutare il morale della gente e i bilanci dei club. I top hanno ricchi diritti tv, ma stadi grandi e vuoti, e la voce ticketing a zero si fa sentire; per i piccoli la biglietteria è minore in senso assoluto ma necessaria, avendo modeste entrate tv...

«Priorità sicurezza»
«La priorità sia sempre la sicurezza di tifosi e giocatori», dice Alberto Colombo, vice segretario generale delle Leghe Europee. E aggiunge: «Le leghe e le federazioni stanno negoziando con governi e autorità sanitarie per rendere più flessibili e leggeri i protocolli, adattandoli alla nuova situazione. L’obiettivo è farsi trovare pronti quando ci saranno le condizioni per un rientro graduale, si spera in percentuale sulla capienza totale. Naturalmente sarà l’evoluzione del virus a dettare le tempistiche, ma almeno dobbiamo essere preparati». Le Leghe, assieme agli altri stakeholder (Fifa, Uefa, Eca e calciatori), sono in continuo contatto con l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms).

Sofferenza tornei top
Quelli che soffrono di più sono i grandi. Nella gestione del virus come nella riorganizzazione del calcio. Nei cinque campionati top questa è la situazione: Italia e Spagna hanno impianti chiusi; la Francia fa entrare cinquemila tifosi fino al 30 ottobre, poi si deciderà; in Germania serve l’autorizzazione delle autorità locali; in Inghilterra, dopo il test in Brighton-Chelsea (2.500 persone), il prossimo step è il 1° ottobre quando si valuterà la situazione. Chi spinge per la riapertura si augura che dia buoni risultati l’esperimento Uefa di aprire al 30% lo stadio di Budapest, il 24 settembre, per Bayern-Siviglia, Supercoppa europea. Al momento tutti gli altri tornei, Champions compresa, sono previsti a porte chiuse. Al momento.

“Medi” più elastici
Più semplice la situazione dei campionati medi. La Svizzera, da ottobre, potrà avere stadi pieni fino a due terzi e tifosi con mascherina, soltanto nei posti a sedere e ben distanziati. Niente ospiti, ma è già qualcosa. In Olanda il progetto è distanziare i tifosi di un metro e mezzo, il che consentirebbe di riempire tra il 15% e il 35% dei posti totali. La Polonia è divisa in tre zone “sanitarie”: in quella verde è ammessa una capienza del 50%, in quella gialla il 25%, in quella rossa nessun tifoso. Più aperta l’Austria, pronta ad ammettere fino a 10mila tifosi a partita (ma dipende dalla situazione epidemiologica locale). Insomma, dove possibile, si tende a essere elastici. Potrebbe anche essere una soluzione. A patto che l’interesse per la salute venga sempre prima.