la Repubblica, 6 settembre 2020
Truman show al contrario
C’è un signore francese gravemente ammalato che ha deciso di mettere in rete, minuto per minuto,la propria agonia. Facebook glielo ha impedito interrompendo la trasmissione, come farebbe un editore che si sente responsabile di quello che pubblica (ulteriore puntata del dibattito: Facebook è editore o semplice“gestoredi rete”?). E il signore francese protesta vibratamente: si sente censurato, colpito nel suo diritto di libera espressione. Avete visto quel meraviglioso film che è di Peter Weir? Beh, questa storia è il Truman Show al contrario. Qui è il Grande Fratello, il Regista di Tutte le Cose (nel film si fa chiamare Dio...) che decide di oscurare, pietosamente, il suo protagonista-ostaggio. Mentre lui, l’ostaggio, non organizza affatto la propria fuga come faceva Jim Carrey nel film, e anzi vorrebbe condurre lo show fino all’ultimo rantolo, apparire in pubblico fino allo stremo, fino al buio finale. Si badi bene: non è ai parenti e agli amici che quel signore vuole mostrarela propria morte (scelta che sarebbe già discutibile). È al pubblico. A tutti. Vuole che tutti lo vedano morire. Si chiama società dello spettacolo: moltitudini di umani considerano la vita degna di essere vissuta solo se sei sicuro che qualcuno ti stia guardando. Vivere e basta non sembra essere una condizione sufficiente alla vita.In questo caso accade per la morte. Si muore davvero solo se si muore in pubblico? L’abolizione della solitudine e del silenzio parrebbe il fine recondito della nostra epoca.