Corriere della Sera, 6 settembre 2020
Valentina, atleta trans
Il sogno di Valentina parte da Mosca per arrivare a Tokyo. In mezzo ci sono cambiamenti e incontri di un bimbo che nella Napoli fine anni 70 non sente più suoi i vestiti che usa: «Ricordo il giorno della prima Comunione. Guardavo con invidia le mie compagne con il vestito bianco». Valentina che una volta si chiamava Fabrizio è una sprinter paralimpica, ipovedente, ed è fra quelle che riscrivono la storia. Accadrà il prossimo fine settimana a Jesolo, campionati di atletica: sarà la prima atleta transessuale a gareggiare in una competizione ufficiale dopo che il Comitato Olimpico Internazionale ha elaborato nel 2016 le linee guida che riconoscono l’identità di genere e non il sesso biologico.
Il sogno di Valentina Petrillo nasce un giorno del 1980 davanti al tvtelevisore. Ha sei anni e vede Mennea vincere i 200 metri all’Olimpiade di Mosca: «Una folgorazione. Pietro è la mia ispirazione». Già allora però c’era qualcosa di se stesso che voleva cambiare: «Vivevo in un mondo mio, da quando avevo 4 anni mettevo lo smalto. Ma all’esterno non ho mai dato segni di femminilità. Avevo deciso di portare questo segreto nella tomba, non volevo deludere i miei genitori».
A 14 anni gli venne diagnosticata la sindrome di Stargardt, che comporta una progressiva riduzione della visione: «Come vedere l’esterno di una ciambella, ma non il buco». Ventenne, il trasferimento a Bologna in una scuola specializzata per chi ha disturbi della vista, le prime cotte («Titti, ci sentiamo ancora»), il lavoro di programmatore informatico. Nel 2006 l’incontro con Elena che dieci anni dopo diventa sua moglie. Intanto era nato Lorenzo, che oggi ha cinque anni. Con loro c’è anche Caterina, 17 anni, figlia di una precedente unione di Elena. Ma ancora, sempre, combatteva con se stesso. Di nascosto, si vestiva da donna: «Mettevo lo smalto alle unghie con la scusa che suonavo la chitarra. Mi depilavo, dicendo che serviva per lo sport. Insomma, usavo espedienti». Non ha mai abbandonato la corsa, con ottimi risultati: fra gli ipovedenti, ha vinto 11 titoli nazionali fra 100, 200 e 400 metri. Sempre fra gli uomini. A Jesolo correrà ufficialmente per la prima volta fra le donne. Il suo livello di testosterone, dopo le terapie ormonali, lo permette. Non è stato facile: «Il mondo dello sport è il più sessista che ci sia. Splendido è stato Pancalli, presidente del Cip. Disperata, lo contattai. Mi disse: sono dalla tua parte». Il presidente dell’atletica paralimpica, Sandrino Porru, ha fatto in modo che Petrillo, che ha svolto l’ultima gara ufficiale fra i maschi proprio a Jesolo nell’ottobre 2019, corresse ora fra le donne: «Una bella cosa».
Sono passati poco più di due anni da quando fece coming out. Era l’inizio di settembre del 2018: «Ricordo bene quel giorno e quanto avevo paura che quel gesto, quella mia “intima” confidenza, non fosse compresa per il suo valore». Vive ancora con Elena, Lorenzo e Caterina: «La mia famiglia mi ha sostenuto in tutto. Con Elena ho comprato i vestiti femminili, Caterina mi insegna a truccarmi, con Lorenzo abbiamo affrontato la situazione con semplicità». Ora il pensiero è il Giappone. Alla Paralimpiade Valentina potrebbe essere la prima atleta transessuale a partecipare ai Giochi: «Continuo a inseguire il sogno. Non solo per me. Spero la mia storia dia speranza».