La Stampa, 5 settembre 2020
Intervista a Edoardo Bennato
Un libro, un nuovo album realizzato in parte durante la quarantena, e nel mezzo un concerto particolare, sabato 12, all’Arena di Verona, con la platea libera coperta di sabbia e il pubblico sui gradoni per tenere le giuste distanze. L’occasione è il Festival della Bellezza: Edoardo Bennato al suo concerto ha dato il titolo di «La bellezza del rock»: «Sarà ad altissimo contenuto rock & blues - promette - con me la band e un quartetto d’archi».
Bennato, ricorda quando ha incontrato la bellezza?
«Quando da molto piccolo, mi resi conto che vivevo nella città più bella del mondo. Poi ho girato, ho visto il mondo: ora posso tranquillamente affermare che Napoli, con tutti i problemi che ha, è la vera Bellezza».
E il rock?
«Il rock è uno stile di vita. Ti induce ad andare in direzione ostinata e contraria, a tentare di scardinare luoghi comuni, frasi fatte, finte morali, falso perbenismo. Cosa c’è di più bello?».
A Verona si celebra il quarantesimo anniversario di un’estate, quella del 1980, in cui lei portò 70 mila persone a San Siro, il primo concerto di quelle dimensioni per un italiano.
«Fu l’ultimo di 14 concerti che feci tutti negli stadi. Erano anni di piombo, due settimane dopo ci fu la strage alla stazione di Bologna, riempire gli stadi con tutti quei ragazzi era una responsabilità al limite del sostenibile. Fu il tentativo di contrastare con il rock la strategia della tensione. Il rock contro le bombe. Per fortuna vincemmo noi».
Il 1980 è l’anno di «Sono solo canzonette», un album di grande successo che leggeva l’attualità attraverso la storia di Peter Pan: come le venne quell’idea?
«La foto di quel ragazzo che nel ‘77 a Milano punta una pistola ad altezza d’uomo contro i poliziotti spiega più di mille parole qual era la situazione italiana. Peter Pan mi diede l’opportunità di parlare di tutto questo a modo mio. Spugna è lo studente universitario fuori corso, devoto fino alla morte a Capitan Uncino. Gli basta avere qualcosa in cui credere, roba da bere e con cui bucarsi ed è pronto a tutto. Uncino è il Grande Vecchio, in quegli anni si diceva che dietro le stragi vi fosse un’unica regia, furono fatti nomi eccellenti. Peter Pan è chi non vuole crescere e vuole volare, anzi vola veramente, contro e a dispetto di tutte le ideologie».
È vero che il titolo le fu ispirato da un ammonimento ironico di Enzo Jannacci?
«Enzo era un mio punto di riferimento, come Fabrizio De André, che una volta mi disse: il giorno in cui avrai la percezione di non avere più nulla da dire, smetti. Quel giorno non è ancora venuto».
La storia che raccontano quelle canzonette è ancora attuale?
«I draghi del potere fanno quello che fanno, in ogni epoca, perché le masse si fanno abbindolare. Anch’io faccio parte della massa e quindi posso cadere nelle trappole dei manipolatori occulti o dei politicanti senza scrupoli. Poi però scrivo una canzonetta e per quanto mi riguarda rimetto le cose a posto. O almeno ci provo».
Però oggi quasi nessuno sembra cercare l’isola che non c’è.
«Crogiolarsi nell’utopia non è più possibile. Ma quell’isola dobbiamo - e sottolineo dobbiamo - per forza trovarla. Tra cambiamenti climatici, sfruttamento insostenibile delle risorse e la necessaria redistribuzione della ricchezza, non abbiamo più tempo. Bisogna salvare il salvabile».
Come ha vissuto il lockdown?
«Ho fatto quello che faccio di solito: musica. Ho scritto il libro Girogirotondo, uscito ai primi di luglio con Baldini & Castoldi. Ho anche iniziato a lavorare al nuovo album che avrà lo stesso titolo e che vedrà la luce nei prossimi mesi».
Il libro contiene un testo nuovo, quella della canzone «La realtà non può essere questa», che parla proprio dell’isolamento dovuto alla quarantena.
«È una canzone contro. Contro la paura di una realtà che non può, anzi non deve essere quella che stiamo vivendo. Non mi riferisco esclusivamente alle limitazioni, peraltro giuste, imposte dal Covid-19, ma anche alla realtà "virtuale" che ci ha fatto sentire meno isolati e che rischia di prenderci la mano. Abbiamo bisogno di stare insieme, fisicamente insieme, nei concerti, nelle piazze, per le strade, senza paura».
Il libro ha un sottotitolo curioso, «Codex latitudinis».
«C’è un parametro fondamentale da prendere in esame, e cioè che su questo Pianeta non ci sono razze diverse, ma un’unica razza, quella umana, solo apparentemente diversificata in base al millenario spostamento. O se preferite, al cammino latitudinale. Il libro cerca di trovare una chiave di volta per essere propositivo, per cercare di arrivare alla comprensione dei problemi che ci fanno paura. Se non ci ragioniamo sopra, insieme, corriamo il rischio di essere facili prede di imbonitori, di politicanti senza scrupoli che alimentano, per i loro scopi, le nostre paure».
Scrive che oggi il Grillo parlante è diventato «il Capintesta assoluto, comico e burattinaio al tempo stesso».
«Già. L’Italia oggi è più collodiana che mai. Ma non c’è pericolo, non c’è paura, sono solo canzonette».