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 2020  settembre 04 Venerdì calendario

Umberto Pizzi ricorda Frank Sinatra

Frank Sinatra è stato uno dei più difficili. Un mastino. Vero caratteraccio. Sempre attento e circondato dalle forze dell’ordine e da bodyguard; chi si avvicinava, rischiava minimo uno spintone. Ovvio non l’ho mollato. E anche lui l’ho inseguito in giro per l’Europa, non sempre con grandi risultati, ma una sera a Montecarlo ho ottenuto ciò che desideravo: festa allo Sporting Club, grand soirée, tutto il gotha monegasco e internazionale riunito lì. Mi apposto con altri fotografi. Tutti scattano l’entrata degli invitati e se ne vanno. Io insisto. E non so come, riesco a infilarmi dentro. Aspetto un po’, non mi lancio subito, l’alcool doveva prima entrare nella bocca, nella testa e nelle vene dei presenti. L’alcool in molte situazioni è stato un grande alleato, allenta le difesa dei soggetti da ritrarre. Dopo un po’ inizio a girare e trovo Sinatra accanto a Grace Kelly, suo antico ed enorme amore, la donna della vita, di loro due si è favoleggiato di notti selvagge. Tranquilli si lasciano immortalare, mi avevano scambiato per il fotografo ufficiale. Finito il servizio, mi giro e pesto i piedi alla sorella di Ranieri di Monaco. Una tragedia. Inizia a urlare come posseduta, alla faccia della regalità, così scappo ben consapevole dei modi non troppo diplomatici della polizia monegasca.
Ma con Sinatra non è finita. Anni dopo, nel 1994, arriva a Roma e va a cena alla Taverna Flavia, con lui anche la moglie e Ben Gazzara. Mimmo Cavicchia, storico proprietario del locale, aveva organizzato una serata a base di mozzarella di bufala, prosciutto, insalata Veruska. Ma Sinatra: “Voglio Jack Daniel’s”. Mimmo sbianca. Esce, viene da me e supplica: “Vai da un amico e prendi una bottiglia”. Torno, gli do il whisky. Aspetto. All’una di notte esce Sinatra, sbronzo e sorretto dagli amici, non aveva mangiato nulla, per lui solo Jack Daniel’s. Io scatto. Mi vede e inizia a parlare in slang newyorchese. Non ho capito nulla. Ma non era molto amichevole.