la Repubblica, 4 settembre 2020
Ponte sullo Stretto, si fa sul serio
Non c’è più solo il tunnel sottomarino, sul tavolo del governo. C’è anche il ponte sospeso, quel progetto che per due volte è stato ufficialmente varato e per altre due volte è stato bloccato all’ultimo momento. Tutto torna in gioco, nulla è stato ancora deciso. Con una mossa che smorza l’entusiasmo mostrato dal premier Conte verso il tunnel (da lui definito «un miracolo d’ingegneria») la ministra Paola De Micheli ha nominato una commissione di 16 membri, scelti tra le «professionalità di alto profilo tecnico-istituzionale», che dovrà esaminare tutte «le possibili alternative» per collegare Sicilia e Calabria. Che sono sostanzialmente tre: ponte, tunnel sommerso o tunnel sottomarino.
La partita si riapre, dunque. E non si tratta di un comitato pilotato, come quello che nominò il ministro Toninelli per farsi dire che i benefici della Tav erano inferiori ai suoi costi, ma di un gruppo di lavoro incaricato formalmente di fornire «entro due mesi» non una scelta tra una soluzione e l’altra, ma «gli elementi per le valutazioni e le decisioni politiche», che naturalmente poi saranno prese dal governo.
Ma chi c’è, in questo gruppo di lavoro? Innanzitutto i tecnici del ministero: il capo della segreteria tecnica del ministro, Mauro Antonelli, il capo del Dipartimento per i Trasporti, Speranzina De Matteo, il capo del Dipartimento per le infrastrutture, Pietro Baratono e la dirigente della Struttura tecnica di missione, Tamara Bazzichelli. Poi i vertici degli enti competenti: il presidente del Consiglio superiore dei Lavori pubblici, Massimo Sessa, e quello dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, Carlo Doglioni, insieme agli amministratori delegati di Rete Ferroviaria Italiana, Maurizio Gentile, dell’Anas, Massimo Simonini, di Italferr, Aldo Isi, e della Rete Autostrade del Mare, Ennio Cascetta.
I professori sono sei: Ferruccio Resta, rettore del Politecnico di Milano, Caterina Di Maio, ordinaria di Geotecnica all’università della Basilicata, Armando Cartenì, docente associato di Trasporti a Napoli, Gabriele Malavasi, ordinario di Trasporti alla Sapienza, Attilio Toscano, ordinario di idraulica agraria a Bologna, e Giuseppe Catalano, ordinario di Ingegneria economico-gestionale alla Sapienza.
Inutile cercare in questo elenco il segno di una scelta pilotata, perché solo due dei commissari possono essere ricondotti a un’area politica: Gentile è l’uomo imposto dai cinquestelle al comando dell’Anas, Cascetta è stato uno dei più stretti collaboratori del democratico Delrio. Colpisce semmai che nessuno di essi si sia mai occupato in passato dell’argomento per il quale il gruppo di lavoro dovrà «effettuare studi propedeutici a un dibattito pubblico sull’opera».
Impresa non facile, perché il solo progetto del ponte sospeso è composto da più di ottomila documenti, ovvero 60 metri cubi di planimetrie, calcoli, studi di fattibilità, verbali di collaudo, indagini sull’impatto ambientale eccetera, mentre le altre ipotesi – tunnel sommerso (a mezz’acqua o adagiato sul fondale) e tunnel sottomarino, scavato nel fondale a 250 metri sotto il livello del mare – possono essere generosamente qualificate come progetti di massima, senza alcuna verifica del loro impatto ambientale o della loro resistenza sismica.
E se da un lato la nomina del comitato ha il merito di riaprire la partita dello Stretto, dall’altro la scadenza indicata nel provvedimento (la fine di ottobre) rivela che il governo non ha intenzione di inserire né il ponte né il tunnel nel piano di rilancio che dovrà essere inviato a Bruxelles entro il 15 ottobre per poter accedere ai miliardi del Recovery Fund. Non è un mistero, del resto, che il governo sia ancora diviso su questo tema, altrimenti la scelta più semplice sarebbe stata quella di tirar fuori dal cassetto il progetto del ponte, per il quale sono già stati spesi 300 milioni, un progetto arrivato alla stesura definitiva che nel 2012 aveva già ottenuto tutti i timbri, compreso quello del Comitato tecnico-scientifico nominato da Palazzo Chigi, quando il governo Monti dirottò altrove i fondi stanziati per realizzarlo.
La controprova di questa divisione trasversale s’è avuta ieri, quando il ministro per il Sud, Giuseppe Provenzano, ha ironizzato sull’idea della ministra De Micheli (del suo stesso partito, il Pd) di inserire nel progetto anche una pista ciclabile: «Dopo il ponte – ha detto Provenzano – ci sarà il tunnel, le piste ciclabili, arriverà anche il monopattino, e spero che nessuno proponga la funivia o la catapulta...». Fingendo di non sapere che le piste ciclabili ci sono già, e da tempo, sul Golden Gate di San Francisco, sul ponte di Brooklyn, sullo Xiamen Bridge cinese, sullo Shimanami Kaido di Hiroshima…