ItaliaOggi, 3 settembre 2020
Lavorare annoia il 43%dei dipendenti
Gli esseri umani detestano e temono la noia. I partecipanti a un famoso esperimento psicologico sono stati invitati a passare un quarto d’ora chiusi, soli con i loro pensieri, in una stanzetta spoglia. L’unica possibile distrazione era un bottone che gli permetteva di darsi una forte scossa elettrica. Il 67% dei soggetti maschili e il 25% di quelli femminili l’hanno premuto, scegliendo, secondo lo psichiatra Richard Friedman, «lo stimolo negativo rispetto a nessuno stimolo».Per quanto molti considerano la noia un’afflizione caratteristica dell’epoca moderna, già la storia antica conosceva il fenomeno. Seneca ne parlò come di una sorta di nausea affine al disgusto, mentre lo storico Plutarco raccontò come Pirro, quello della «vittoria di Pirro», il grande condottiero greco del 300 a.C., si annoiò disperatamente in vecchiaia per la mancanza di nemici. Perfino la morale cattolica riconosceva l’accidia, l’avversione all’operare, mista a noia e indifferenza, come uno dei sette vizi capitali.
Lo studio scientifico del fenomeno è invece relativamente recente. Risale alla fine degli anni Trenta del secolo scorso quando lo psicologo Joseph Barmack volle vedere come gli operai industriali gestivano la noia del proprio ripetitivo lavoro. Trovarono l’antidoto negli stimolanti: la caffeina, le anfetamine e l’efedrina…
Oggi l’argomento è di moda nel mondo anglosassone. Oltre alle allarmanti ripercussioni mediche, come quella secondo cui le persone che si annoiano facilmente correrebbero un rischio di mortalità cardiaca maggiore dei soggetti più tranquilli, interessa molto l’impatto sulla produttività economica. Secondo uno studio, il 43% dei dipendenti si annoia sul lavoro. Di questi, il 30% perché non ha abbastanza da fare, il 25% perché ha troppo da fare e il 29% perché trova i social più interessanti dei propri compiti...
Della noia è facile parlare male, ma una condizione estesa all’intera razza umana avrà una sua ragion d’essere evolutiva. Una teoria è che, richiamando il pensiero di Seneca, la noia potrebbe essere un cugino stretto del disgusto e della «nausea» che esso induce. Se dunque lo «schifo» è un meccanismo di difesa che aiuta gli esseri umani ad evitare le cose pericolose, allora la noia potrebbe essere una difesa contro situazioni sociali che in qualche maniera presentano pericoli.
Peter Toohey, nel libro, Boredom: A Lively History, la difende in questi termini: «Le emozioni sono lì per aiutarci a reagire, a registrare e a regolare la risposta agli stimoli che arrivano dal nostro ambiente. Perlopiù noi non viviamo queste sensazioni come una sorta di pre-allarme, ma lo fanno i bambini». È perciò che ci tormentano continuamente perché sono annoiati…