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 2020  settembre 03 Giovedì calendario

Periscopio

Per Dario Gianese, qualsiasi esperto era un venduto, qualsiasi giornalista un servo, qualsiasi banchiere un ladro. Aldo Cazzullo, Fabrizio Roncone: Peccati immortali. Mondadori, 2019.
Mio padre diceva del socialismo di quei tempi là, era tutto in tre b: bandiere, bande e banchetti. Guido Morselli, Il comunista. Bompiani, 1976.

Cossiga si divertì a dire la verità, a scandalizzare con sardonico sorriso (l’aggettivo non è casuale per il sassarese). Marcello Veneziani. La Verità.

Chi scrive sui giornali di destra è un paria. Mentre il più scatenato e imbecille di sinistra può diventare direttore di giornale. Triste realtà. Mario Cervi (Giancarlo Perna). Libero.

Il governo Conte è il più fortunato in questi ultimi vent’anni perché l’Unione europea, pur di bloccare i «populisti» avrebbe concesso qualunque cosa, disponendo così la temporanea sospensione dei vincoli di bilancio (Maastricht) ed erogando molti soldi europei di cui nessun governo precedente aveva mai goduto. Alberto Brambilla, economista, la Stampa.

«Perdono tutti. E a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi». Il messaggio è scritto a mano sul frontespizio di un suo libro, Dialoghi con Leucò, lasciato appoggiato sul comodino. Il corpo di Cesare Pavese, suicida a 42 anni, lungo e ossuto, è abbandonato sul lettino singolo, vestito in un elegante abito blu, la giacca e le scarpe sfilate, lasciate lì a fianco in quella stanzetta 346 dell’hotel Roma di piazza Carlo Felice a Torino. Un braccio e una gamba abbandonati, toccano il pavimento. Sulla mensola del lavabo, la confezione dei barbiturici dalla quale mancano dieci bustine, in un cassetto due scatole di sonniferi mezze vuote. Dieci bustine bastano, eccome, per l’ultimo check out. È la scena finale della vita di un grande scrittore, le sue ultime parole scritte giusto 70 anni fa, il 27 agosto 1950. Poi il grande salto nel buio che ci aspetta tutti. «Perdòno tutti»: l’accento ovviamente va sulla «o», prima singolare di perdonare. Ma potrebbe benissimo poggiare sulla «e»: pèrdono, terza plurale di perdere, perché con quella morte abbiamo tutti perso una voce poetica aspra, profonda, rigorosa, che avrebbe potuto parlarci e interrogarci ancora a lungo. Maurizio Pilotti. Libertà.

Una sera, era la fine degli anni Settanta, ero andato al circolo De Amicis, un feudo di Aldo Aniasi, sindaco socialista di Milano. Seduto nelle prime file avevo visto Gianni Brera e lo avevo salutato. Si parlava di politica, naturalmente. Irruppe un gruppo di extraparlamentari che contestavano il sindaco, il De Amicis, i socialisti, tutto. Rimasi intrappolato fra la gente che si prendeva a cazzotti. Ne nacque un violento tafferuglio. Scorsi Brera che cercava di scantonare, di scappare dal parapiglia. Ma intrappolato fra la gente che si prendeva a cazzotti, non riusciva a venirne fuori. Lo raggiunsi e lo presi sotto il braccio. Era pallidissimo. Balbettava: «Non mi piace, non mi piace». Riuscì a portarlo fuori. Ci fermammo sul marciapiede. Se ne stava in silenzio a capo chino. Capì che si sentiva umiliato. Massimo Fini, Ragazzo. Marsilio, 2007.

Avevo proposto che tutti i coprimicrofoni Rai avessero la stessa veste: il nostro blu aziendale con una sola sigla: Rai, e non più i marchi delle singole testate. Il discorso avrebbe dovuto essere esteso alle singole telecamere: lo scopo mi sembrava evidente. La Rai è tante voci ma prima di tutto è il marchio unico dell’informazione del Servizio pubblico declinato in tutte le sue pluralità. Carlo Verdelli, Roma non perdona. Feltrinelli, 2019.

Mio padre raggiunse l’Argentina nel 1943, dopo un viaggio affannoso attraverso Francia, Spagna e Portogallo, imbarcandosi sull’ultima nave che solcava l’Atlantico. Il nonno, che era stato volontario nella Prima guerra mondiale, tornò malato dall’esilio il 2 giugno 1946 per il referendum. Si recò direttamente al seggio, dove fu tranquillizzato: «Vada a casa, avvocato, si vota anche domani». Scelse la repubblica. Non perdonava alla monarchia le leggi contro gli ebrei. Ricardo Franco Levi, presidente degli libri (Aec). (Stefano Lorenzetto). Corsera.

Il Machiavelli ebbe il merito di iniziare lo studio della politica come realtà oggettiva, di considerare lo stato «com’è» e non come “dovrebbe essere». Egli fondò la scienza della politica in quanto non poteva esserci scienza senza scartare le utopie e i precetti ideali. Giuseppe Prezzolini, L’Italia finisce. Rusconi libri. 1994.

George Orwell capì che fascismo e comunismo erano la stessa identica cosa e questa consapevolezza diede forma alle sue ultime prove letterarie: La fattoria degli animali («molte copie del libro furono confiscate dalle autorità militari americane in Germania, che le consegnarono all’esercito russo affinché le distruggesse») e 1984 («la summa di quanto Orwell aveva appreso sul terrore e sul conformismo in Spagna, sul sadismo a scuola e in Birmania, sulla propaganda e la falsità in decenni di battaglie politiche, sullo squallore e la degradazione che aveva conosciuto mentre scriveva» i suoi classici reportage «sulla condizione dei lavoratori delle fabbriche e delle miniere di carbone»). Capì, soprattutto, come funzionava il gioco. Diego Gabutti. Informazionecorretta.it

Non è stupefacente? Tutti coloro che hanno pensato in Germania, o quasi, vengono dal presbiterato protestante: Hegel, Lessing, Harder, Holderlin, Fichte o Nietzsche Herman Hesse o Jurgen Habermas, tutti erano figli o nipoti di pastori. Brigitte Sauzay, Le vertige allemand, la vertige tedesca. Olivier Oraban, 1985.

La Russia non può permettersi i rischi di una invasione dell’Europa, dobbiamo evitare di fargliene venire la tentazione. Hanno la nevrosi militare perché sanno che non c’è altro che funziona da loro, saranno sempre tentati, in caso di crisi, di ricorrere al solo lato del sistema che possa dar loro un successo. La loro aggressività viene dalla paura, non dall’espansionismo. Non bisogna aumentargli la pura. Se l’idea di una Germania neutrale può calmarli, tanto meglio. Piero Buscaroli, Paesaggio con rovine. Camunia, 1988.

Visto che la guerra era perduta, nessuno voleva più saperne di morire. E poi, perché sacrificarsi contro un nemico quando era chiaro che era stato inutile sacrificarsi fino a quel giorno contro un altro nemico? Eugenio Corti, Il cavallo rosso. Ares, 1983, 33ma edizione.

I tg ti consentono di nuotare nelle lacrime altrui come un pesciolino che risale la corrente. Walter Siti, Scuola di nudo. Rizzoli, 2014.

La sofferenza ti dà quello che il piacere ti toglie. Roberto Gervaso.