Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  settembre 02 Mercoledì calendario

La spia Yossi Cohen erede di Netanyahu?

Il 24 agosto, durante la sua rapida visita in Israele, il Segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, ha incontrato quattro alti funzionari: il premier Benjamin Netanyahu, il ministro degli Esteri, Gabi Ashkenazi, il ministro della Difesa Benny Gantz e il direttore del Mossad, Yossi Cohen.
È Cohen l’uomo che ha svolto il ruolo più importante nella storica normalizzazione dei rapporti tra Israele e gli Emirati Arabi Uniti. Ashkenazi è il ministro degli Esteri, ma è Cohen l’architetto incontrastato dell’iniziativa di pace regionale avviata con lo storico viaggio della delegazione israeliana ad Abu Dhabi. È vero che in Israele il Mossad è alle dirette dipendenze del premier, ma Bibi fa affidamento su di lui per fare molte cose, le più diverse.
Negli ultimi anni, Cohen ha effettuato numerose visite clandestine negli Stati del Golfo e ha lavorato con Netanyahu sul groviglio di relazioni che si intrecciano con gli Stati arabi pragmatici, in un ampio sforzo per forgiare un’alleanza contro l’Iran. Fino al Duemila la parola Mossad si doveva pronunciare sommessamente in Israele. Allora si diceva “Istituto”: Ha Mossad leModìn Ale Takfidim Meyuchadim, significa appunto Istituto per l’intelligence e i servizi speciali. Nome e volto del capo del Mossad erano segreti, sui giornali si poteva solo scrivere “Mister M”. Un alone di mistero e intrigo avvolgeva il tutto. Con Netanyahu le cose sono completamente cambiate. Cohen non è il primo capo del Mossad a condurre missioni segrete per conto del premier ma la sua attività diplomatica clandestina e pubblica è stata la più vasta e importante di ogni altro “Ramsad” (direttore). E lui – soprannominato “Il modello” per la sua avvenenza e i suoi abiti firmati – non fa mistero della sua ambizione di essere premier dopo Netanyahu. È stato Bibi a dire a porte chiuse che ci sono due persone che ritiene idonee a guidare Israele: Yossi Cohen e l’ambasciatore a Washington Ron Dermer. Netanyahu ha così fatto fuori una lunga fila di alti funzionari del Likud, compresi diversi ministri. Dermer è il giovane protetto di Netanyahu, il suo confidente e più stretto consigliere per gli affari diplomatici. Cohen, che ora ha 59 anni, ha una storia diversa. Nel 2015, Netanyahu ci ha pensato a lungo prima di nominarlo direttore del Mossad. Il background religioso e l’orientamento di destra di Cohen hanno dato a Netanyahu la sicurezza di considerarlo affidabile e leale. Con i due precedenti Ramsad Meir Dagan e Tamir Pardo, i rapporti erano piuttosto tesi, specie su come affrontare la minaccia dell’Iran. La scelta di Netanyahu si è rivelata un successo. Cohen è stato responsabile di diversi risultati notevoli, primo tra tutti l’operazione per rubare a Teheran e trasferire in Israele gli archivi nucleari iraniani nel 2018. Il mondo è rimasto scioccato dall’audacia di questa operazione, gestita personalmente da Cohen.
Il Likud sarebbe lieto di schierarlo come leader. Come ha detto tempo fa un alto funzionario del partito, in condizione di anonimato, a chi scrive: “Se Cohen decide di correre dopo l’era Netanyahu, nessuno avrà una possibilità contro di lui”. Le previsioni di una sua elezione sono eccellenti, il suo background diplomatico e di sicurezza gli danno un vero vantaggio. Aver lavorato al fianco di Netanyahu e appreso da lui l’arte della politica ai massimi livelli aggiunge certamente prestigio. Ancora più importante, ha capacità politiche naturali e sa scegliere le persone giuste per il lavoro da fare. Qualità che lo hanno aiutato a reclutare una nuova generazione di agenti nel Mossad. Un anno fa, Cohen si è presentato all’annuale Conferenza sulla sicurezza di Herzliya per un raro discorso pubblico. Ha rivelato che sotto la sua guida, il Mossad aveva creato una sorta di direzione diplomatico-sicurezza per promuovere la pace in Medio Oriente. È stato il discorso che ci si aspetterebbe dal premier e non dal capo dello spionaggio. Mentre esponeva la sua visione Cohen ha rivelato: “Il Mossad ha identificato quella che potrebbe essere la prima opportunità nella storia del Medio Oriente per raggiungere il tipo di intese che porterebbero a un accordo di pace globale”. Le sue osservazioni potevano sembrare un sogno irrealizzabile, ma negli ultimi giorni si sono rivelate invece un fatto diplomatico certo, e il suo ruolo, decisivo nel forgiare queste nuove alleanze. Il suo è il modo perfetto per presentarsi in politica: un uomo di destra in grado di fare la pace, un candidato degno di raccogliere l’eredità di “King Bibi”.