Il Sole 24 Ore, 1 settembre 2020
Arriva la carica degli eurobond
Un’inondazione da quasi 900 miliardi di euro. Con le emissioni necessarie a finanziare il programma Sure e il Recovery Bond la Commissione europea si candida a diventare nel giro di quattro anni il principale attore sul mercato europeo delle obbligazioni: «rifugio sicuro», dopo la Germania e i suoi Bund, con conseguenze almeno al momento non semplici da prevedere per gli altri titoli presenti sul listino (oltre che per gli stessi bond targati Bruxelles).
Il dato – che sfiora la cifra tonda dei mille miliardi, anzi la supererebbe se il conteggio avvenisse in dollari, in modo da offrire un termine di paragone a livello globale – emerge da una stima effettuata da Pictet Wealth Management. Sommando i 100 miliardi necessari a permettere il funzionamento dello schema di protezione sulla disoccupazione e i 750 miliardi del piano «Next Generation» varato a luglio si arriva infatti a un ammontare complessivo di 17 volte superiore al livello delle emissioni targate Ue già esistenti sul mercato: quei 50,6 miliardi che provengono principalmente dai prestiti erogati a Irlanda e Portogallo dal meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria Efsm.
Un nuovo «rifugio sicuro»
«Per il Sure prevediamo emissioni per circa 30-35 miliardi già entro fine anno e i restanti 65-70 miliardi il prossimo, mentre per rendere operativo il Recovery Plan sarà necessario raccogliere 200 miliardi nel 2021, 220 miliardi nel 2022 e 140 miliardi nel 2023 e 2024», precisano Nadia Gharbi e Laureline Renaud-Chatelain che hanno curato lo studio. Ancora più interessanti rischiano però di essere le indicazioni su quale sarà il destino sul mercato per questi titoli, che saranno emessi per scadenze comprese fra 3 e 30 anni: «Potrebbero condividere molte delle caratteristiche che rendono i titoli tedeschi un rifugio sicuro, come rating elevato, liquidità, durata significativa e correlazione negativa con attività rischiose», segnalano da Pictet.
In effetti i bond targati Ue, che già godono della «tripla A» da parte di Moody’s, Fitch e Dbrs, renderebbero Bruxelles il principale emittente con il massimo dei voti in Europa, dopo la Germania (oltre 1.600 miliardi) ma prima di ogni altro Stato, e faranno parte anche dei piani di riacquisto della Banca centrale europea in qualità di ente sovranazionale. «Ci aspettiamo – aggiungono anche per questo gli analisti – che, man mano che l’importo in circolazione aumenterà, le obbligazioni Ue possano scambiare su rendimenti più vicini ai governativi in euro con rating Aaa, riducendo quindi quel premio di liquidità che al momento viaggia attorno ai 22 punti base nei confronti del Bund corrispondente».
Il possibile impatto sull’euro...
Non riusciranno forse, le obbligazioni della Commissione, a strappare lo scettro indiscusso di asset privo di rischio ai titoli tedeschi, che continueranno verosimilmente a scambiare al di sotto di qualsiasi altra obbligazione governativa o sovranazionale nell’Eurozona. Potrebbero però fornire ulteriore (e inattesa) spinta all’apprezzamento dell’euro stesso in un’ottica di lungo termine: «Il crescente aumentare di attività rifugio denominate in euro – nota ancora Pictet – potrebbe incrementarne l’attrazione come valuta di riserva e come potenziale alternativa al dollaro sostenuto dall’enorme pool di Teasury Usa».
....e quello (temuto) sui BTp
Più difficile individuare invece a priori l’impatto sugli altri titoli presenti sul mercato del reddito fisso, compresi i nostri BTp. «Questi nuovi strumenti potrebbero sottrarre domanda ai mercati nazionali, aumentando i rendimenti dei paesi più rischiosi come quelli del ClubMed e riducendo, se possibile, ancora di più quelli dei safe-haven, come i Bund», avverte Alessandro Bonetti, responsabile del desk istituzionali di BpPrime. Il rischio che l’introduzione degli Eurobond finisca per avvantaggiare qualche Stato a danno di altri non è insomma da escludere. Nessun allarme, certo, ma c’è da giurare che dalle parti del Tesoro la vicenda sia seguita con un notevole interesse.