La Stampa, 1 settembre 2020
Il cibo ha ancora mille componenti segreti
Che cosa c’è nel piatto? Al di là di grassi, proteine, zuccheri e qualche vitamina, l’85% dei costituenti del cibo è un enigma da scoprire: è questo universo che potrebbe aprire le porte a nuove – e rivoluzionarie – cure basate su micronutrienti, perlopiù ancora ignoti, i quali – si pensa – interagiscono con l’organismo e lo fanno con enormi conseguenze.Indagare questa «zona» è l’obiettivo del progetto «Foodoma», che vuole realizzare una mappa del cibo, catalogando le micro-componenti degli alimenti per scoprire se e in che modo impattano la salute. «Da quasi quattro anni sono a capo di un team che studia l’universo dei componenti chimici del cibo, in modo simile allo studio del Genoma – spiega a “TuttoSalute” la fisica Giulia Menichetti della Northeastern University a Boston -. È un progetto ambizioso, pieno di insidie tecniche e teoriche, ma fondamentale, perché in termini di statistiche che riguardano l’incidenza di malattie e morte il vero killer è una cattiva dieta, non la genetica». I dati genetici, infatti, spiegano solo una parte – fino al 20% – delle cause delle malattie.Gli studi sui rapporti tra alimentazione e salute, per quanto abbiano fatto luce su una serie di insidie nel piatto (come i rischi connessi con il consumo eccessivo di zuccheri), non sono sufficienti a spiegare come il cibo influenzi la salute. «Il nostro lavoro mira a individuare il meccanismo d’azione dei componenti chimici nel cibo – spiega la professoressa -. Arrivare alla dimensione molecolare è fondamentale per la salute, ma anche per capire aspetti complessi come l’origine dei sapori e degli odori degli alimenti».Finora, però, solo una frazione dei composti è stata catalogata: il database più ampio al mondo, noto come «FooDB», raccoglie qualcosa come 26.625 sostanze e di queste appena 150 sono quelle che compaiono nelle tabelle nutrizionali. Non solo. Anche se si conosce la presenza di determinati composti in un cibo, difficilmente è nota l’esatta quantità contenuta. L’aglio, per esempio, contiene oltre 2300 sostanze, ma solo di 146 si conosce la concentrazione. È questa varietà chimica che può essere considerata come la «materia oscura» della nutrizione – ribadisce l’esperta -, poiché la maggior parte dei composti resta invisibile agli studi sulla dieta, nonché ai consumatori.Nei prossimi due anni – anticipa Menichetti – creeremo un database di 1000 cibi, in parte già selezionati, scelti perché comuni (ad esempio frutta e verdura come spinaci, mela patata, pomodoro), oltre a cereali e legumi, ma anche cibi come gamberi o alimenti del futuro come gli insetti. «Vogliamo studiare cibi che ci permettano di ricostruire pressoché tutta la dieta – spiega -, usando diverse tecniche, come la spettrometria di massa: lo scopo è svelare identità e quantità dei diversi composti».L’Intelligenza Artificiale renderà tutto rapido e consentirà di predire quali componenti dobbiamo aspettarci di trovare in un certo cibo sulla base di analogie con altri alimenti già mappati. Il «foodoma», in seguito, diventerà individuale – aggiunge Menichetti – perché ciascuno di noi è esposto a un sottoinsieme dei componenti dei cibi a seconda della dieta. Si arriverà quindi a scrivere il “codice a barre” di ciascun individuo e questo conterrà circa 20 mila costituenti, diversi da persona a persona: tramite questo codice si capirà il rischio individuale delle malattie legate all’alimentazione».Il codice si rivelerà utile anche per studiare le persone che non riescono a perdere peso o che dopo una dieta ingrassano di nuovo. «Ci aspettiamo che per molti il codice a barre resti quasi lo stesso anche se cambiano alimentazione – sostiene Menichetti -: è come se, inconsciamente, ciascuno di noi fosse attratto da un certo tipo di micronutrienti». Non solo. Saranno anche sviluppate app che, fotografando con lo smartphone il cibo, riveleranno a quali componenti siamo esposti.Si studieranno infine gli effetti dei composti del cibo sul corpo umano, uno per uno e in combinazione tra loro, così come si trovano in natura. Si comincia a comprendere come piccole molecole presenti in certi alimenti, trasformate nel corpo anche dai batteri intestinali, possano diventare fattori di rischio di malattie: è il caso di alcune sostanze nella carne (la carnitina, in primis) per le malattie cardiovascolari.«Possiamo pensare all’effetto dei componenti chimici nel cibo come a quello dei farmaci – spiega la specialista -. Queste molecole interagiscono con le reti biologiche e spesso interferiscono anche con i farmaci che assumiamo. Lo scopo – conclude – è far diventare la nutrizione una scienza esatta».