Corriere della Sera, 1 settembre 2020
L’uomo freezer all’ultima sfida
A Josef Köberl il freddo piace. Ci si trova così a suo agio che l’anno scorso è rimasto immerso in una scatola di vetro riempita con due tonnellate di cubetti di ghiaccio per 2 ore 8 minuti e 47 secondi, stracciando di oltre un quarto d’ora il precedente record del mondo detenuto da un cinese. L’uomo freezer era coperto di ghiaccio fino alle spalle, lasciando fuori solo la testa per respirare. Per dimostrare che non c’erano trucchi, Köberl aveva piazzato la scatola trasparente davanti alla stazione Centrale di Vienna.
Ora ci vuole riprovare arrivando fino a due ore e 30 minuti. Ha fatto mettere la cabina trasparente che sabato sarà riempita di ghiaccio nella piazza di Melk, sovrastata dall’abbazia dalla quale proveniva Adso, il novizio aiutante dell’investigatore Guglielmo di Baskerville nel Nome della rosa di Umberto Eco. Ma non serviranno indagini per smascherare l’eventuale dolo: il 43enne Köberl, impiegato al ministero austriaco dell’Ambiente, è un esperto nuotatore in acque gelide. Tra le altre sue imprese ha fondato gli Orsi polari di Hintertux, associazione che si allena tra le acque di fusione su un ghiacciaio a 4.200 metri d’altezza, e ha guidato una trentina di appassionati in una nuotata notturna nelle gelide (e poco blu) acque del Vecchio Danubio che avevano una temperatura di 1,9 gradi.
Ritoccare il proprio limite nel Guinness dei primati, però, non è la motivazione di Köberl. Lo scopo principale è attirare l’attenzione sulla crisi climatica e il drammatico scioglimento dei ghiacci. «I poli si stanno sciogliendo e i ghiacciai alpini stanno scomparendo sempre più velocemente», ha detto in un’intervista rilasciata a una televisione austriaca.
Come si fa a resistere oltre due ore a contatto completo diretto con il ghiaccio senza congelare? «Si tratta di abbandonare le idee negative, motivare e soprattutto fidarsi di se stessi», spiega. «Il punto chiave è la gestione del dolore e delle emozioni. È questo che vorrei trasmettere con la mia impresa».
Allenamento, capacità di autocontrollo e resistenza al dolore. Forse c’è anche una componente fisica che porta alcuni a resistere più di altri a condizioni proibitive. «Il congelamento avviene a temperature di 3-4 gradi sottozero», puntualizza Gianfranco Beltrami, vice presidente della Federazione medico sportiva italiana (Fmsi) e specialista in medicina dello sport.
«Quanto i cubetti di ghiaccio si sciolgono, si forma acqua a zero gradi. Certo è necessaria una forte resistenza, che si spiega con un grande autocontrollo che consente la riduzione di ansia e stress. A livello fisico – aggiunge l’esperto —, è probabile la presenza di una maggiore vascolarizzazione della cute e un migliore utilizzo delle calorie derivate dal glucosio ematico. Queste capacità, unite a un intenso allenamento, possono portare quasi ad auto-anestetizzarsi. La crioterapia ultimamente è utilizzata in ambito sportivo: si è visto che il freddo stimola le endorfine, migliora la circolazione e favorisce il recupero dell’infiammazione. Ci sono cabine in cui gli atleti dopo una gara rimangono per 3 minuti a -90 gradi. Anche Ippocrate aveva studiato le proprietà del ghiaccio, e gli antichi romani nelle terme calde associavano il frigidarium. Le persone che si sottopongono alla crioterapia, sempre sotto stretto controllo medico, devono però essere assolutamente sane», chiarisce Beltrami.
«Sto bene e avrei potuto andare avanti ancora un po’», furono le prime parole di Köberl l’anno scorso appena stabilito il record. «Adesso però mi metto i calzini».