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 2020  agosto 31 Lunedì calendario

L’Italia crocevia dei servizi segreti

Ci vuole un grosso sforzo di fantasia per immaginare il litorale fra Pozzuoli e Castel Volturno come un panorama berlinese della Guerra fredda, un parco umido e oscuro dove le spie si passavano dispacci segreti. E davvero solo un grande regista potrebbe vedere – chissà – nel ponte sul Lago Patria somiglianze con quello di Glienicke, dove i due blocchi si scambiavano a notte fonda gli agenti catturati. L’idea dell’Italia come ambientazione per duelli più o meno segreti, con omicidi, ricatti, trappole e doppi giochi, sembra difficile da accettare. E in realtà, anche negli anni di confronto internazionale più duro, il braccio di ferro fra Usa e Urss nel nostro Paese si è svolto lontano dai riflettori. Per questo la scoperta – se verrà confermata – di un agente russo ai vertici del Comando Nato di Lago Patria, a due passi da Napoli, comunica un lieve disagio. L’Italia, negli ultimi anni scampata per qualche miracolo alle stragi del terrorismo internazionale, sembra al centro di nuove tensioni, con regole mutate.
In fondo è soltanto una trentina di chilometri a separare il centro dell’intelligence atlantica, punto focale delle informazioni di tutto il versante Sud dell’Alleanza, dall’aeroporto di Capodichino, dove nell’agosto dell’anno scorso la polizia di frontiera ha intercettato Aleksandr Jurijevich Korshunov, direttore dello sviluppo della società russa Odk, specializzata in motori aerei. Korshunov, ex agente dei servizi russi Svr, era inseguito da un mandato di cattura internazionale su richiesta dell’Fbi, con l’accusa di aver rubato segreti industriali della General Electric, grazie all’aiuto – secondo gli inquirenti – di un ex manager abruzzese della Aero. Ma l’immagine della Guerra fredda stavolta è sfumata, lasciando il posto a nuove aperture: il governo italiano ha deciso di negare l’estradizione agli Usa e riconsegnare il manager a Mosca.
È vero, la Cortina di ferro non c’è più, le frontiere fra blocchi sono molto più sfumate. Così l’Italia conferma la sua vocazione da ponte, da luogo di passaggio. Ed è un approdo in Occidente che, a quanto pare, non affascina solo i migranti. Nel dicembre del 2018 Jo Song-gil, ambasciatore della Corea del Nord a Roma, ha deciso di chiedere asilo politico per sé e per i familiari, voltando le spalle alla Repubblica popolare e spingendo le autorità italiane a tenerlo in un luogo protetto. Apparentemente, l’ambasciatore poteva permettersi la defezione perché, protetto forse da qualche alto esponente del potere nordcoreano, aveva potuto far espatriare la famiglia e dunque non aveva congiunti su cui il regime potesse esercitare rappresaglie dopo la fuga. Il suo predecessore era stato espulso dall’Italia dopo un test nucleare di Pyongyang.
Fra gli apparati di spionaggio è comune l’abitudine a scegliere Paesi terzi come sfondo per i contatti più delicati. Ed evidentemente nel maggio 2016 Roma è sembrata lo scenario adatto per il passaggio di informazioni su Nato e Unione europea da un agente dell’intelligence portoghese a un cittadino russo, probabilmente legato agli apparati di sicurezza di Mosca. Ma la scelta si è rivelata infelice, perché la collaborazione fra i servizi portoghesi e quelli italiani ha permesso la cattura dell’agente doppio e del suo contatto.