Il Messaggero, 30 agosto 2020
I figli del primo baby boom compiono 100 anni
Stanno compiendo cento anni i figli del primo baby boom del Novecento, quello del 1920. Sono i protagonisti della rinascita dopo la fine della guerra nel novembre 1918. Il conflitto fece crollare la natalità. Ci vollero più di due anni perché le famiglie si ricomponessero e cominciassero a nascere bambini. Seicentomila morti al fronte, le donne erano costrette a lavorare nei posti lasciati dagli uomini ma, tra campi e fabbriche, si voleva riprendere la vita in mano. Nonostante la lira svalutata, l’alto costo della vita e il fatto che il mondo produttivo non fosse in grado di assorbire la manodopera di nuovo a disposizione con il ritorno dei soldati.
L’ISTAT
Nel 20 le nascite riescono finalmente a riprendere il volo. Quest’anno solo tra i grandi abbiamo ricordato Franca Valeri, Alberto Sordi, Federico Fellini, Tonino Guerra, Gianni Rodari. Dopo una flessione di centenari che l’Istat ha segnalato tra il 2015 e il 2019, infatti, ora la curva inizia a risalire. Erano 19 mila i supernonni nel 2014 poi, un brusco calo: oggi si sfiorano i 15 mila. Oltre 84% donne che, nella stragrande maggioranza, vivono al Nord. Di questo gruppone 1.112 hanno superato i 105. Adesso, di nuovo un rialzo. Secondo le previsioni dovrebbero essere 1500 o poco più quelli che, in Italia (Paese europeo record per longevità) quest’anno, spegneranno le candeline. Il Covid-19, purtroppo, potrebbe aver cancellato la festa. «Parliamo di una generazione – commenta Giuseppe Paolisso, rettore dell’Università della Campania Vanvitelli e ordinario di Geriatria – che ha lavorato sodo. Una grande fetta fin da bambini. Persone che durante la loro esistenza hanno combattuto e si sono trovati a fronteggiare la seconda guerra quando avevano appena formato delle famiglie. Anche per loro, come i genitori, lacerazioni e dolori. Gente che, nella maggioranza, ha vissuto in modo semplice. Sia che abbia studiato sia che si sia fermata alle prime classi delle elementari. Un comportamento di fondo riscontriamo in chi è nato in quegli anni. Parlo del rispetto verso l’altro, dell’educazione. Anche se sono stati sopraffatti da fame e guerra. Anche se hanno dovuto lasciare le loro case e migrare per cercare lavoro. Ci troviamo davanti persone che si sono costruite una corazza ma riescono sempre a tirare fuori un sorriso. Sono capaci di ascoltare».
I centenari di oggi, si sa, sono soprattutto donne. Quelle che stanno meglio devono quasi tutto alle relazioni che sono riuscite creare durante la loro esistenza e alla famiglia che non le ha abbandonate. «Una centenaria che vive sola – aggiunge Paolisso – non è come una centenaria che è protetta dal calore della famiglia. Ai loro tempi la solitudine non esisteva, l’anziano viveva in casa con tutti. Quindi il senso di abbandono sembra avere un peso sentimentale ancora più grande. Il non sentirsi dimenticati, oltre alle terapie e a una buona dose di fortuna, è parte dei motivi per i quali sono arrivati a cento anni. Le signore, se lo stato di salute lo permette, mantengono una grande cura di sé. Attente all’abito, ai capelli e anche a un po’ di colore sulle guance». Tra i centenari non si contano obesi. Perché hanno sempre mangiato in modo molto poco elaborato, piatti con ingredienti basici. Parliamo di ministre, pasta con le verdure, poca carne, qualche uovo, legumi, un po’ di vino rosso. I dolci, nella loro dieta non ci sono tutti i giorni. Perché non c’erano tutti i giorni. Sono riusciti a mantenere il menù di base.
LA SALUTE
«Chi è nato nel 20, se ha seguito le indicazioni del medico – continua il geriatra – è stato vaccinato contro l’influenza da almeno vent’anni, è stato curato con antibiotici nei momenti critici e seguito dal servizio sanitario. Il loro stato di salute, nella maggioranza, è accettabile per l’età e anche la psiche spesso è strabiliante. Parliamo di gente che sorride in modo spontaneo e ha un modo di parlare estremamente pacato. Si nota la differenza con chi ha una trentina di anni in meno. Certo, il carattere è assolutamente personale ma in loro si nota un’attitudine che si dice d’altri tempi. Nelle donne come negli uomini».
Troviamo più grandi nonni al Nord. Perché lì si vive di più? Perché, in genere, sono più longevi, secondo i geriatri, quelli che hanno passato la loro vita in montagna e in collina dove si lavorano i campi. Anche nelle regioni di mare gli over cento abitano nell’entroterra. Pensiamo alla Sardegna ma ora ce ne sono molti anche in Puglia e in Campania.