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 2020  agosto 30 Domenica calendario

Storia dei vulcani d’Italia

Pensiamo al Viandante sul mare di nebbia di Caspar David Friedrich immaginandolo, però, sulla vetta di un vulcano in mezzo a nuvole di esalazioni gassose. È esattamente il sentimento sublime che si prova, dopo aver guadagnato faticosamente la cima dello Stromboli, a quota 918 m, da dove, in piena notte, si può ammirare ammutoliti lo scatenarsi luminescente di un inferno di esplosioni di fuoco e lapilli dai crateri. La vulcanologa Sabrina Mugnos ne è ammaliata e lo racconta nel suo Draghi sepolti. Viaggio scientifico e sentimentale tra i vulcani d’Italia, diario di un Grand Tour straordinario alla scoperta della perturbante bellezza dei complessi vulcanici del bacino tirrenico, di cui l’autrice ci racconta la storia, la cultura, il folklore, insieme a una preziosa descrizione scientifica, permettendoci così di scoprirne l’evoluzione geologica millenaria.
Se si potesse svuotare l’intero mar Mediterraneo, si resterebbe stupefatti di fronte al paesaggio che apparirebbe: una gran quantità di edifici vulcanici formatisi, nel corso delle ere geologiche, da sommovimenti che hanno causato fratture nella crosta terrestre, permettendo al magma di risalire in superficie; sono colossi di migliaia di metri di altezza, radicati negli abissi del mare e di cui noi possiamo ammirare soltanto i pinnacoli emersi dall’acqua. Sono draghi dalla potenza invincibile, molti di loro addormentati, e non sappiamo esattamente quando e come si risveglieranno.
Nella lettura, riviviamo lo stupore misto a orrore di Plinio il Giovane quando, nel 79 d.C., da Capo Miseno vide sollevarsi la nube piroclastica alta chilometri levatasi dalla sommità del Vesuvio che, nel giro di una notte, mise fine alle civiltà di Ercolano e Pompei. Ne seguì un tremendo tsunami: «Vedevamo il mare che si riassorbiva in sé stesso (…). Il litorale si era avanzato e teneva prigionieri nelle sue sabbie asciutte una quantità di animali marini». Comprendiamo il fascino esercitato dal Vesuvio sul Goethe, che temerario vi salì più volte avvicinandosi ai crateri ancora attivi, e su Leopardi che al «formidabil monte / sterminator Vesevo» dedicò l’ultimo canto La Ginestra.
Impariamo a conoscere l’Etna, che la gente del luogo chiama Idda (Lei), la montagna invincibile, temuta e amata come una madre severa: vi si alternano eruzioni provenienti dai condotti centrali dei crateri, a eruzioni laterali che sono le più pericolose, perché si aprono inaspettatamente a basse quote minacciando i paesi costruiti sulle pendici. Inoltre, a esplosioni cosiddette «stromboliane» (così definite dall’attività dell’omonimo vulcano) cioè caratterizzate da energia medio-bassa a intervalli variabili, Etna alterna «parossismi» di intensità e pericolosità ben maggiore. Apprendiamo inoltre cosa siano le colate «piroclastiche»: dense nubi costituite da gas, cenere, magma e frammenti dalla elevatissima temperatura, che procedono a grande velocità per fagocitare tutto ciò che incontrano sulla loro strada. Scopriamo che il faraglione di Strombolicchio, coi suoi 49 metri di altezza, altro non è che un residuo di un «camino vulcanico» (neck); che l’attivissimo Stromboli – la cui ultima eruzione parossistica con una vittima è avvenuta il 3 luglio del 2019 – si è formato in varie fasi negli ultimi 100.000 anni, e la sua montagna a noi visibile non è altro che un’esigua parte emersa dei quasi 3000 metri di altezza complessiva del massiccio sommerso.
Ci viene spiegato, poi, che sull’isola di Vulcano, il puzzo inconfondibile delle emissioni gassose esalate dal suolo – anticamente ritenute il miasma peccaminoso delle anime purganti – è caratterizzato da una incredibile complessità chimica: vapore acqueo, anidride carbonica, anidride solforosa, solfuro dìidrogeno, acido cloridrico, elio, acido fluoridrico e monossido di carbonio; un cocktail letale, considerata anche l’alta temperatura, da cui tenersi a debita distanza. Scopriamo i segreti della pietra pomice di Lipari, prodottasi per una violenta esplosione risalente a 8000 anni fa, che ha prodotto questa sorta di schiuma solida di gas e magma. E tantissime altre storie, aneddoti, resoconti di eruzioni avvenute nel corso dei secoli. Seguiamo col fiato sospeso la protagonista, che si sposta da un punto all’altro del Tirreno; navigando a circa 140 km dalla costa siciliana e a 150 km da quella calabra, ci ritroviamo con lei al di sopra di un colosso sommerso, il vulcano Marsili, la cui cima, alta 3400 metri, svetta a 500 metri al di sotto della superficie marina.
È misterioso come questi luoghi così inospitali attirino a sé tante popolazioni, che da secoli vi si insediano pervicacemente, malgrado i numerosi e disastrosi eventi che ne hanno minacciato più volte la sopravvivenza. Mugnos ci ricorda che la scienza e la tecnologia avanzatissime di cui oggi l’umanità dispone non sono nulla di fronte alla potenza di questi draghi della Natura, contro i quali l’unica arma possibile è l’umiltà.