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 2020  agosto 30 Domenica calendario

Ogni partito un veto per la riforma elettorale

Il rompicapo delle riforme. La marcia d’avvicinamento al referendum si è trasformata in un complicato gioco degli incastri. Le principali forze politiche della maggioranza fanno dipendere il loro Sì dalla realizzazione delle condizioni poste agli alleati. E ogni condizione è una modifica di legge, ordinaria o costituzionale, che dovrebbe accompagnare il taglio dei parlamentari. Ci sarà un punto di incontro delle richieste incrociate? E quanti correttivi vedranno davvero la luce nei 22 giorni che mancano al voto?



La legge elettorale
Il Pd batte con forza sul tasto della legge elettorale, ovvero su una modifica delle attuali regole con l’introduzione di un sistema proporzionale puro con una soglia di sbarramento al 5 per cento e il diritto di tribuna per i piccoli partiti (il cosiddetto “Brescellum”). I 5Stelle si sono subito detti disponibili a un’accelerazione che possa addirittura produrre l’approvazione della legge - in commissione e poi in aula alla Camera - prima che venga celebrato il referendum. Prospettiva, quest’ultima, davanti alla quale Italia Viva si è messa di traverso. Matteo Renzi ha a sua volta posto delle condizioni al Pd: può anche rinunciare all’idea di cui si è innamorato, quella del “sindaco d’Italia” (un sistema analogo a quello per le elezioni comunali), e spingersi sul proporzionale. Ma a patto che arrivi pure il monocameralismo e la sfiducia costruttiva: espressione con la quale si intende l’obbligo, per una maggioranza che sfiducia un governo, di votarne contestualmente uno nuovo. I dem si sono detti pronti a ragionare anche sul “rilancio” di Renzi, in nome di un cancellierato alla tedesca.


La riduzione degli stipendi
L’ex capo politico dei 5S Luigi Di Maio, nella sua campagna elettorale a perdifiato per il Sì, ha preso ieri l’impegno di affiancare al taglio dei parlamentari un’altra riforma non legislativa, ma anche questa cara ai profeti dell’antipolitica: il taglio degli stipendi dei parlamentari. «Facciamo tutte e due le cose», ha detto Di Maio. Ma è un punto che non fa parte di alcun accordo di maggioranza e verso il quale gli alleati sono più che scettici.


Il “nuovo” Senato
Anche la sinistra, per voce di Pier Luigi Bersani, ha posto in questi giorni una netta pregiudiziale. Il Sì di Bersani alla riduzione di deputati e senatori è condizionato, tra l’altro, al varo della cosiddetta legge Fornaro (il nome è quello del deputato di Leu Federico Fornaro) che modifica la Costituzione in due punti: riduce il numero dei delegati delle Regioni per l’elezione del Capo dello Stato (da 58 a 39) e soprattutto abolisce il criterio della base regionale per l’elezione dei senatori. Questa modifica corregge gli squilibri della rappresentanza fra un territorio e l’altro (Umbria e Basilicata ad esempio perdono oltre la metà degli eletti) ed evita un significativo limite “politico” della riforma: senza correttivi, alcune regioni rischiano di esprimere esponenti solo delle due principali forze politiche.


Il voto dei diciottenni
C’è un’altra riforma in cantiere: è quella che allinea l’elettorato attivo e passivo delle due Camere. Significa che anche per il Senato, in virtù di questo testo costituzionale, si potrà votare a 18 anni ed essere eletti a 25. Pure quest’innovazione fa parte dell’accordo di maggioranza siglato a inizio ottobre e ci punta soprattutto il Pd, anche per tendere una mano a Italia Viva: «Uniformando le due basi elettorali, creeremmo di fatto le condizioni per il monocameralismo chiesto da Renzi - dice il deputato dem Stefano Ceccanti - Le due Camere potrebbero riunirsi al momento di esprimere sfiducia e fiducia ai governi».


Il punto di caduta
Molto difficile che tutte le caselle ovvero i correttivi invocati a turno dai leader - vadano al loro posto. Ma in parlamento si lavora per un punto di equilibrio che spiani la strada al Sì al referendum. L’obiettivo è quello di votare in commissione Affari Costituzionali, alla Camera, solo il testo base della legge elettorale e congelare lì il confronto. In questo caso, cadrebbero i veti dei renziani che si asterrebbero. Nel frattempo la stessa commissione dovrebbe approvare la legge Fornaro cara soprattutto a Leu («Su queste norme non abbiamo perplessità», dice il renziano Ettore Rosato) mentre il testo che estende il voto a tutti i maggiorenni, già in aula, potrebbe essere approvato al Senato. Una bozza di nuova architettura istituzionale da mettere su prima del 20 settembre. Non l’incastro perfetto ma potrebbe sbloccare la delicata partita delle riforme.