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 2020  agosto 30 Domenica calendario

Intervista a Remo Ruffini

Remo Ruffini è amministratore delegato e presidente di Moncler. Fondato a Grenoble nel 1952, questo marchio era stato indossato dalla squadra di sci francese alle Olimpiadi del 1968 e negli Anni 80 era molto di moda tra le giovani generazioni di Milano, Tokyo e Parigi.
Pensava che il marchio sarebbe potuto diventare un successo mondiale?
«Amo la montagna, lo sci, l’inverno e amo questo logo da sempre. Quando ho saputo che era in vendita, mi sono subito interessato. Come prima cosa, ho iniziato a lavorare sulla qualità, poi ho riorganizzato le strutture e i sistemi produttivi e ho aperto il primo negozio a Parigi nel 2009. È stata la svolta».
Come mai?
«All’epoca i giovani italiani indossavano il cappotto. Il piumino Moncler era considerato abbigliamento sportivo. Adesso lo stile di vita in inverno è cambiato. La maggior parte delle persone non ha un cappotto, usa il piumino giorno e sera, in montagna e in città».
Com’è diventato pioniere di questo cambiamento?
«Negli Anni 70 e 80 il piumino Moncler pesava più di un chilo. Era perfetto per la montagna, ma troppo caldo per la città. Ora un capo può pesare 100 grammi, è versatile e pratico da mettere in valigia».
E oggi dirige un’azienda internazionale.
«Sì, vendiamo a Los Angeles, Hong Kong, Tokyo, Shanghai. Abbiamo una collezione adatta ad ogni zona del pianeta e ad ogni stagione dell’anno. Si potrebbe pensare che i piumini non sono prodotti per Hong Kong nel mese di luglio e invece la temperatura negli uffici è molto bassa in Asia sudorientale, cosi li usano anche lì».
Oggi portano tutti le sneakers. È per questo che non indossiamo più i cappotti?
«Cinque o sei anni fa il mondo è cambiato e il fenomeno che noi chiamiamo casualization si sta affermando sempre di più: ha reso le sneakers, le giacche sportive e le felpe molto trendy. I negozi che vendevano le calzature classiche offrono per un buon 70% Nike o Adidas, e tutti i brand del lusso, come Gucci e Saint Laurent, fanno sneakers».
Anche Moncler fa sneakers?
«Sì. Non hanno ancora lo stesso successo dei capispalla, ma per un’azienda la cui expertise è quella del piumino d’oca non è banale produrre sneaker».
Nei vostri piumini usate piuma d’oca speciale e si dice che lei curi ogni dettaglio.
«È vero cerchiamo sempre la migliore piuma. Abbiamo lavorato molto sulla tracciabilità e sul benessere animale credo che i nostri prodotti offrano la migliore qualità disponibile oggi sul mercato».
Perché ha creato il programma Moncler Genius? Craig Green che espone al Victoria and Albert Museum, al Met e via dicendo, è uno dei designer. Altri lo hanno preceduto.
«Tre anni fa ho deciso di passare da un modello di business stagionale a uno che offre contenuti, progetti e una nuova collezione tutti i mesi. Non tanto per vendere di più, ma per comunicare di più con i clienti. Oggi l’unico modo di comunicare con le nuove generazioni è attraverso i social network. Ma i canali digitali non sono tutti uguali: in Cina esiste una piattaforma integrata che comprende social network, e-commerce, pagamenti e altro, mentre in Europa e America abbiamo Instagram, Facebook e Twitter. Ma in tutto il mondo le persone vogliono navigare sul web e trovare nuovi contenuti di Moncler. È per questo che ho ideato Moncler Genius, di fatto una casa di 8 piani che ospita 8 designer».
Dove nascono i prodotti Moncler?
«Il 100% in Europa negli stabilimenti di Trebaseleghe (Padova) e della Romania».
Perché per voi la Cina e l’Asia sono più importanti degli Stati Uniti?
«Per il mondo del lusso, la Cina sta diventando sempre più forte. Da Hong Kong a Pechino o Harbin, in tutte le maggiori città i brand di lusso possono aprire negozi. Per gestire tutti i mercati è importante integrare l’esperienza digitale e quella reale. Per questo motivo il futuro è l’"omnicanalità"».
Di che si tratta?
«Le persone entrano in contatto con il marchio attraverso diversi punti di contatto: negozio fisico, e-commerce, e-tailers, social media».
Voi avete qualche centinaia di monomarca e shop in shop. Cosa cambierete? «In futuro le persone non entreranno in negozio solo per acquistare, ma per capire lo stile e la filosofia del brand. A Parigi stiamo per aprire un negozio in cui i clienti potranno vivere un’esperienza immersiva».
Oggi il mondo è molto più attento all’ambiente. Ne tenete conto?«La sostenibilità è un aspetto molto importante per i giovani. Dal 2015 ci impegniamo per integrare sempre di più la sostenibilità nel nostro modello di business».
La gente capisce il valore della qualità?
«La qualità è quando un prodotto dura una vita e per me questo è uno dei valori più grandi di Moncler. Ho un piumino del 2003 che continuo ad indossare. Dopo tutti questi anni, il capo acquista ancora più fascino, si racconta la sua storia ai figli, agli amici. E’ questa la vera pubblicità».