il Fatto Quotidiano, 29 agosto 2020
Sono migranti solo lo 0,4% dei positivi al Covid
“I porti si devono chiudere altrimenti se l’emergenza sanitaria tornasse per colpa di qualche sbarcato sapremo chi andare a prendere o chi andare a denunciare”. I nuovi ingressi sono “un rischio non più solo economico e sociale, ma anche sanitario visto l’alto numero di sbarcati positivi”. E ancora ieri: “Pur di spalancare porte e porti, gli incapaci Conte e Lamorgese mettono in pericolo l’Italia”. Da mesi Matteo Salvini arricchisce il vecchio tema dell’immigrazione con il fattore Covid. Una propaganda politica che si è accesa ancora di più con l’aumento degli sbarchi nei mesi di luglio e agosto. Quella del leader della Lega però resta una tesi, smentita dai numeri che raccontano una realtà diversa. Secondo i dati (finora inediti) del ministero dell’Interno, da inizio pandemia e fino al 14 agosto, nelle strutture di accoglienza sono in totale 1.218 i migranti positivi (di cui 710 in quarantena alla data del 14 agosto). Un numero che se paragonato agli oltre 265 mila casi che ci sono stati in Italia, rappresentano poco più dello 0,4 per cento.
Ma vediamo i dati alla luce anche degli sbarchi. Da inizio anno sono arrivati 17.985 migranti, 6.950 nei primi sei mesi del 2020. Fino al 30 giugno si contavano 603 positivi nei centri di accoglienza. A luglio e agosto gli sbarchi sono raddoppiati (11.035), mentre il contagio ha colpito altri 615 migranti. Una cifra che non spaventa la comunità scientifica, con Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità: a seconda delle Regioni, “il 25-40% dei casi sono stati importati da concittadini tornati da viaggi o da stranieri residenti in Italia. Il contributo dei migranti è minimale, non oltre il 3-5% è positivo e una parte si infetta nei centri di accoglienza”, ha detto il 17 agosto. “Nessun migrante positivo – spiegano dal Viminale – è attualmente in carico a presidi ospedalieri regionali”.
La sottosegretaria Zampa “Mancano centri piccoli, paghiamo le scelte di questi anni”
Il numero di contagi nelle strutture di accoglienza non allarma neanche il ministero della Salute. La sottosegretaria Sandra Zampa spiega al Fatto: “Il punto dirimente di questo dibattito è che, innanzitutto, non è affatto vero che i migranti siano più ‘contagiosi’ di altri. Non c’è nessuna evidenza di maggiore diffusione del virus nelle strutture di accoglienza”. “Il ministero della Salute – aggiunge – ha diffuso delle linee guida che indicano la necessità di controlli e quindi tamponi per chi sbarca, piccole strutture, isolamento immediato per i positivi. Linee guida troppo scarsamente applicate. Mentre per i tamponi credo che non ci siano criticità, vi sono mancanze laddove si dice che le comunità devono essere piccole, ma non si possono trovare strutture adatte in così pochi giorni. Paghiamo la politica di questi anni”.
Le cifre della Fase 1: “Quasi tutti
i casi in strutture del Nord”
A occuparsi del tema della diffusione del virus nei centri accoglienza è stato anche l’Istituto Nazionale per la promozione della salute dei migranti: per fotografare la situazione durante la Fase 1, ha condotto un’analisi su oltre 5mila strutture (coprendo più del 70% degli ospiti). I casi di Covid durante la Fase 1 erano 239, distribuiti in 68 strutture, lo “0,38%” sul totale degli ospiti. “Quasi la totalità delle strutture con almeno un caso confermato – riporta il documento – si trova al Nord, in particolare in Lombardia (19; 27,9%) e in Piemonte (15; 22,1%)”. Sono le regioni dove il virus ha avuto maggiore diffusione. I centri di accoglienza sono lo specchio del Paese, ma con numeri più esigui. Forse Salvini non se n’è accorto.