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 2020  agosto 29 Sabato calendario

La metamorfosi di Ivanka Trump

«Washington non ha cambiato Donald Trump. Donald Trump ha cambiato Washington», ha detto Ivanka chiedendo all’America di rieleggere suo padre, «un guerriero alla Casa Bianca». I suoi 18 minuti di presentazione del presidente nella serata finale della convention (ha parlato quanto i fratelli Don jr. e Eric messi insieme) non lasciano dubbi che sia lei l’erede designata. «Sono la figlia orgogliosa del presidente del popolo. Il suo stile non piace a tutti, i suoi tweet sono senza filtri, ma i risultati parlano da soli». E poi: «Papà, ti attaccano perché non sei convenzionale ma io ti voglio bene perché sei autentico e ti rispetto perché sei efficace».
Ivanka ha esordito raccontando che il suo bimbo, Joseph, ha costruito con i Lego una piccola Casa Bianca che il nonno, fiero, tiene nello Studio Ovale; e in un libro ha scritto che lei stessa a sei anni edificò la Trump Tower con i mattoncini. Bella storia, simbolica per una famiglia di costruttori, anche se i fratelli sostengono che loro, non lei, giocavano con i Lego.
Anche nel 2016 Ivanka introdusse suo padre alla convention, in un vestito accollato rosa cipria, spiegando «non mi ritengo repubblicana né democratica». Oggi, scollata in nero, la 38enne nata dal primo matrimonio del miliardario ha rivendicato i successi del presidente ma anche i propri: «Quattro anni fa vi ho detto che avrei combattuto al fianco di mio padre, e quattro anni dopo eccomi». I suoi aneddoti testimoniano la costante presenza nell’amministrazione, anche quando il suo portfolio (donne e lavoro) non lo giustifica. All’inizio, quando Ivanka incontrava i leader mondiali con il marito Jared Kushner (consigliere presidenziale anche lui) e la figlia di sei anni Arabella cantava in mandarino per il presidente cinese Xi Jinping, alcuni commentatori liberal, pur denunciando nepotismo e conflitto d’interesse, sostenevano che era l’unica che potesse «domare» gli impulsi peggiori di Donald Trump: sul clima, per esempio, o sull’immigrazione. Di fronte alle scelte più radicali, restava in silenzio o sminuiva la propria influenza, ma c’era sempre qualche fonte anonima che comunicava ai giornalisti le posizioni moderate di Ivanka. Poi Trump s’è ritirato dall’Accordo di Parigi. Sull’immigrazione Melania l’ha superata a sinistra, mostrando più disagio per i bimbi separati dai genitori al confine con il Messico. Vicky Ward nel libro Kushner Inc. ha smontato il mito di Ivanka come coscienza di Trump. Lo show tv Saturday Night Live l’ha definita «complice». E lei? Ha obiettato di non aver mai detto d’essere una «influenza moderatrice». Ora si definisce una «repubblicana trumpiana».
Alla fine il presidente ha ringraziato Melania e Ivanka e le ha fatte alzare per gli applausi, mentre ha dichiarato di adorare gli altri figli e nipoti senza nominarli. C’è chi si aspetta lo stesso finale della serie tv Succession: il figlio che per una vita cerca di compiacere il patriarca e diventarne l’erede (Don Jr.) si ribellerà quando al suo posto viene scelta la figlia prediletta? Ma per ora fa discutere la rivalità tra first lady e first daughter: falsi sorrisi alla convention, in attesa del libro Melania & Me di Stephanie Winston Wolkoff, ex amica che l’avrebbe registrata a parlar male di Ivanka «la principessa».