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 2020  agosto 29 Sabato calendario

La guerra civile americana non è mai finita

La città di Asheville in North Carolina, lo Stato originariamente scelto per la convention repubblicana, pagherà reparations (risarcimenti) ai discendenti degli schiavi. Il consiglio comunale ha approvato una risoluzione in cui «chiede scusa per la partecipazione allo schiavismo e approva risarcimenti per i residenti afroamericani» (12% della popolazione locale). Dalla California a Rhode Island, iniziative simili sono in cantiere. Il tema è in primo piano dopo le proteste per l’uccisione di George Floyd. La sinistra del partito democratico ne fa un obiettivo della campagna contro il razzismo. Nelle forme più radicali un piano nazionale di risarcimenti è stato stimato a 13.000 miliardi di dollari. Barack Obama ha preso le distanze, anche per timore che ecciti l’invidia dei bianchi poveri e altre minoranze sfavorite, spingendole a destra.
Uno dei bestseller di questa estate è Caste di Isabel Wilkerson: la saggista afro-americana traccia un parallelo fra l’antichissimo sistema delle caste in India e la stratificazione della società americana. È uscito mentre il partito democratico ha come candidata vicepresidente Kamala Harris, che unisce nel suo Dna le due storie: sua madre è indiana (ma della casta più elevata, i bramini), suo padre un nero giamaicano. Il New York Times ha lanciato il 1619 Project, una serie di reportage per «mettere lo schiavismo al centro della nostra storia». Nel 1619 arrivò in Virginia (allora colonia britannica) la prima nave con un carico di schiavi dalle coste dell’Africa. Raccontando quel sistema durato 250 anni, il New York Times proclama che non basta definirlo «il peccato originale»: lo schiavismo andrebbe considerato come «l’origine stessa della nazione». Anche il dibattito sui risarcimenti ha una storia antica: nel 1865, dopo la messa al bando dello schiavismo, i vincitori della guerra civile promisero ad ogni schiavo liberato «16 ettari di terra e un mulo». Le ragioni per cui quella promessa non venne mantenuta, sono una chiave per capire la questione razziale oggi. È una storia di grandi ideali ma anche di soprusi e risentimenti, non tutti a danno degli afroamericani. Il “rancore sudista” è motore di un consenso a favore della destra di cui Donald Trump è solo l’ultimo beneficiario.
Nel 1860 gli Stati del Sud erano abitati da 8,1 milioni di bianchi e 4,2 milioni di neri. Tra i bianchi solo 385.000 possedevano schiavi. Di questi solo 46.000 ne possedevano più di venti ed erano chiamati planters, proprietari di piantagioni. Per i latifondisti-schiavisti lavita era bella, ma non per la stragrande maggioranza degli altri bianchi del Sud. I profitti di quel sistema economico erano così alti che i proprietari di schiavi potevano sempre comprare le terre migliori, togliendole ai piccoli agricoltori bianchi. Uno dei più autorevoli manuali di storia degli Stati Uniti, la Penguin History di Hugh Brogan sottolinea che nell’abolizionismo, emerso come movimento nel 1831, era decisiva un’ispirazione religiosa: si trattava di purificare l’anima americana, di espiare un peccato collettivo. L’idea di una missione divina ispirò Abraham Lincoln. Altra componente essenziale erano le donne. I due romanzi più celebri sullo schiavismo sono di due scrittrici (bianche). La capanna dello zio Tom della nordista Harriet Beecher Stowefu poi considerato melenso e paternalista verso i neri; ma quando Lincoln ricevette alla Casa Bianca l’autrice, la definì «quelladonna cheha scatenato la guerra civile». Via col Vento, scritto da Margaret Mitchell in Georgia nel 1936 cioè nel mezzo della Grande Depressione, di recente nella versione cinematografica è stato boicottato, censurato, bollato di razzismo. È un reperto della visione sudista, in particolare quella delle donne. Gli abolizionisti del Nord erano accusati di ipocrisia: a metà dell’Ottocento la condizione operaia in Pennsylvania non era molto migliore di quella degli schiavi.
La guerra civile è il primo “conflitto industriale”: prova generale per le guerre mondiali del Novecento. È diventato tecnicamente possibile armare e rifornire con arsenali potenti e distruttivi enormi eserciti, e spostarli con velocità (in treno) verso i teatri di battaglia. Alla fine della guerra i morti sono 359.000 tra i soldati nordisti e 258.000 trai sudisti. Rimane lapiù sanguinosa di tutte le guerre combattute dagli americani, in percentuale sulla popolazione. Ha lasciato tracce indelebili sulla coscienza della nazione. Altrettanto importante è quel che accade dopo. Le leggi della Ricostruzione escludono la classe dirigente locale; l’intento punitivo sembra superiore a quello inflitto ai tedeschi o ai giapponesi dopo la Seconda guerra mondiale. Un principio della democrazia americana, il diritto della maggioranza a governare, viene negato agli abitanti degli Stati sconfitti. Perfino un grande storico progressista come Charles Austin Beard, scrivendo un secolo fa un manuale di storia nazionale usava parole dure contro le umiliazioni inflitte al Sud: «I poteri legislativo, esecutivo, giudiziario, passano sotto il controllo di ex-schiavi, guidati da avventurieri del Nord o da dilettanti e collaborazionisti del Sud. Il risultato è un Carnevale di sprechi, follie e corruzione. Per comprare terre da distribuire agli schiavi liberati vengono stanziati 800.000 dollari: paludi vengono rivendute allo Stato al quintuplo del loro valore. Ovunque si giravano, gli uomini del Sud vedevano solo macerie. Atlanta era un cumulodi cenere, per l’incendio appiccato dal generale nordista Sherman». Il Sud bianco si compatta contro gli speculatori scesi dal Nord ( carpet-baggers): «Uomini che erano stati profondamente divisi si uniscono contro il malgoverno repubblicano e il dominio dei neri». L’alleanza tra ex-latifondisti e proletariato bianco è la chiave della rivincita: finita l’occupazione militare, dal 1877 in poi gli ex-secessionisti tornano al potere e cancellano molti diritti dei neri.
Se finisse qui, sarebbe la storia di un fallimento. Ma il movimento abolizionista ha seminato per il futuro, e non solo sul terreno dei diritti civili. Un nesso porta dalle battaglie per la liberazione dei neri al Progressive Movement della fine Ottocento. Conquisterà l’anti- trust per contenere lo strapotere dei capitalisti; le prime leggi a tutela della salute; i parchi nazionali e l’embrione dell’ambientalismo; le prime riforme locali per il voto alle donne, la giornata lavorativa di otto ore, il divieto del lavoro minorile. La storia dei progressisti americani è un fiume carsico, riaffiora alla superficie quando meno l’aspetti.
2. Continua