la Repubblica, 28 agosto 2020
L’inflazione non conta più
Il presidente della Federal Reserve, Jerome (Jay) Powell, ha presentato ieri il nuovo quadro di riferimento della politica monetaria americana all’apertura del simposio annuale dei banchieri centrali a Jackson Hole. Il cambiamento, rispetto alle linee guida seguite dalla Fed per oltre trent’anni, ed in particolare dal 2012, è profondo.
In estrema sintesi, la Fed sostituisce l’obiettivo puntuale di inflazione al due per cento con un analogo obiettivo medio su tutto l’arco del ciclo economico. Ciò, a sua volta, significa che la Fed non alzerà i tassi di interesse anche se l’inflazione dovesse temporaneamente superare il due per cento, nell’ipotesi che poi torni sulla media nell’arco del ciclo. E ciò consentirà alla banca centrale americana maggiore flessibilità nella politica monetaria, un elemento essenziale per non essere costretta ad alzare i tassi troppo presto nell’uscita dalla crisi.
Il nuovo quadro di politica monetaria è stato approvato all’unanimità dal consiglio della Fed di giovedì. È il risultato della revisione della politica monetaria condotta dalla stessa banca centrale negli ultimi due anni e si fonda su alcuni cambiamenti strutturali avvenuti non solo negli Stati Uniti, ma in tutti i principali paesi: l’inflazione è sistematicamente molto bassa, così come la disoccupazione e i tassi sul mercato monetario. In particolare, la relazione tra ciclo economico e inflazione è oggi meno forte, e per una banca centrale è possibile sostenere un mercato del lavoro molto forte senza rischi di causare inflazione futura. Questa relazione è fondamentale per la Banca centrale Usa che ha due obiettivi: l’occupazione massima e il controllo dell’inflazione. Ciò la distingue dalla Bce, che ha soltanto l’obiettivo della stabilità dei prezzi, mutuato dallo statuto della Bundesbank, al momento della creazione dell’Euro. Negli ultimi dieci anni le condotte delle due banche centrali avevano registrato una certa convergenza perché anche la Fed aveva adottato un obiettivo di inflazione puntuale, che le imponeva di alzare i tassi quando la dinamica dei prezzi raggiungeva il due per cento. Con la maggior flessibilità introdotta ieri le politiche monetarie in Usa e in Europa possono tornare a divergere.
Quali sono le implicazioni di fondo della nuova politica monetaria americana? La conseguenza più evidente è che in Usa possiamo attenderci un periodo prolungato di tassi di interesse bassi anche se l’inflazione dovesse superare il due per cento e la disoccupazione dovesse molto calare. Data la natura di valuta di riserva del dollaro, le conseguenze sui cambi e sui mercati potrebbero essere notevoli.
Una politica monetaria centrata su un tetto massimo di inflazione rischiava di essere troppo rigida e inutilmente restrittiva. Con il nuovo regime di politica monetaria la Fed acquisisce maggiore flessibilità e allenta l’ancoraggio delle aspettative di mercato al due per cento di inflazione, il che è ugualmente importante. Il che potrebbe portare nel medio termine a una divaricazione dei tassi di interesse e della crescita nel medio termine.
L’ impatto del nuovo quadro di politica monetaria è destinato peraltro a influenzare gia l’uscita dalla pandemia. Qualora l’inflazione superasse il due per cento, la Fed sin da subito non sarebbe più tenuta ad alzare i tassi o mettere in campo altre misure restrittive. E i mercati non si aspetteranno più una simile reazione meccanica.
Il simposio di Jackson Hole si è tenuto in forma virtuale e per la prima volta è stato possibile seguire in streaming il discorso di Powell, il che rappresenta una notevole innovazione dal punto di vista della comunicazione. I mercati hanno reagito positivamente, anche se qualche indiscrezione era già filtrata nella giornata di ieri.
A questo punto, nelle prossime settimane occorrerà tenere d’occhio le reazioni di tre gruppi diversi. Gli investitori e le banche, non solo negli Stati Uniti; le altre banche centrali, i governi. Sarà interessante innanzitutto osservare la Bce, il cui statuto prevede unicamente l’obiettivo della inflazione. Negli ultimi anni, i rigoristi del Nord Europa discutevano di abbassare l’obiettivo del due per cento adottato anche in Europa. Oggi si trovano di fronte a un quadro opposto. Occorrerà poi seguire i governi. Il cambiamento della politica monetaria Usa è profondo e si accompagna a politiche fiscali già ultra espansive in tutto il mondo. Di fronte a questi cambiamenti, inizia così a prendere forma il nuovo quadro di politica economica che molti auspicano. Sicuramente, l’abbandono della politica eccessivamente restrittiva, iniziato da tempo, viene così codificato. Ma su tutto questo occorrerà costruire un nuovo assetto coerente.