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 2020  agosto 27 Giovedì calendario

Mike Pence, lo scudiero che parla ai cristiani

«C’è un miracolo dietro l’angolo. È probabile che avremo uno o più vaccini anti-covid prima della fine dell’anno. E sarà tutto merito della leadership del nostro presidente». Così parlò Mike Pence, il fedele scudiero di Donald Trump, che di miracoli non parla mai in senso metaforico.
Alla terza serata della convention repubblicana la star è stato lui. Che sul coronavirus ci ha messo la faccia: formalmente il vicepresidente è il capo della task force federale creata per fronteggiare la pandemia. Sottovoce, perfino i governatori democratici riconoscono che Pence non ha combinato disastri, e quando ha potuto si è reso utile. Troppo spesso schiacciato tra gli annunci provocatori del suo capo, e il rigore scientifico del dottor Anthony Fauci, il vicepresidente non verrà ricordato per quel che ha fatto o non ha fatto nella pandemia. L’utilità di Pence è un’altra: il suo appeal nella destra cristiana.
Fu chiaro già quattro anni fa a quest’epoca, quando Trump pescò come numero due l’allora governatore dell’Indiana, puntando sulla sua lealtà. La prova del fuoco arrivò subito. Il religiosissimo Pence, monogamo al punto da rifiutare di cenare con una donna se sua moglie non è presente, invocò il perdono cristiano su Trump quando uscì il video in cui The Donald si vantava di abbordare le donne afferrandole nelle parti intime.
Il 61enne Pence si autodefinisce «cristiano, conservatore, e repubblicano, precisamente in quest’ordine». Viene da una famiglia irlandese e cattolica: i suoi genitori votarono per John Kennedy. Frequentò la chiesa evangelica dei cristiani rinati negli anni Novanta, ma poi tornò a «esplorare le proprie radici cattoliche», dopo un incontro con papa Francesco. È un caso raro che può identificarsi con l’etichetta di «evangelico, rinato, e cattolico» al tempo stesso.
Sprovvisto di carisma, oratore piuttosto grigio e monotono, di lui si dice che è meno odiato del presidente, ma non più popolare. Dipende da chi lo osserva, però. Per la sua base di riferimento, è di una coerenza esemplare. Si è sempre schierato contro l’aborto, contro la ricerca sulle staminali, contro i matrimoni gay. Si è battuto per tagliare i fondi alle organizzazioni che promuovono ogni forma di controllo per le nascite. L’unica volta che ha avuto uno scontro con la Chiesa cattolica, fu per l’apertura di questa ai profughi. In politica estera è strenuamente a favore di Israele, e di Benjamin Netanyahu: un altro punto qualificante per gli elettori della destra cristiana in America. Trump non è mai stato entusiasta di lui, ma alla fine ha smentito le voci secondo cui si sarebbe scelto un altro vice (magari una donna, Nikki Haley).
È la prova di quanto Pence sia prezioso: per la dote che porta. Basta questo dato, quattro anni fa l’81% degli evangelici votò per Trump. Una percentuale così elevata in suo favore non la si ritrova in nessun’altra categoria di elettori, neppure tra i possessori di armi da fuoco. Le comunità religiose progressiste denunciano l’ipocrisia di questi evangelici che hanno voluto alla Casa Bianca un pluridivorziato, abb onato alle relazioni extra-coniugali, la cui vita personale non è un esempio di moralità neanche in altri campi, dagli affari al dovere fiscale. Ma gli evangelici badano al sodo: ogni uomo è un peccatore, Trump però nelle sue nomine alla Corte suprema ha scelto solo giudici dal pedigree impeccabile sulle questioni che interessano quel mondo. E la Corte suprema sui temi etici può fare la differenza, più della Casa Bianca o del Congresso. I presidenti scadono ogni quattro anni, i senatori ogni sei anni, i giudici costituzionali sono nominati a vita.
Trump investendo su Pence non ha inventato nulla di nuovo. Ronald Reagan (altro divorziato) conquistò la Casa Bianca nel 1980 anche grazie al sostegno del tele-evangelista Jerry Falwell Senior; il cui figlio, trumpiano di ferro, è appena stato travolto da uno scandalo. La lezione fu appresa da George W. Bush, lui stesso un cristiano rinato, che fece il pieno dei voti in quel mondo. Reagan a suo tempo aveva detto: «Jerry Falwell ha fatto più di ogni altra persona per mandarmi al governo». Guardando ai margini risicatissimi con cui strappò il collegio elettorale a Hillary Clinton nel 2016, Trump può dire lo stesso del suo fedele e pio scudiero.