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 2020  agosto 26 Mercoledì calendario

Il Pd, il dna e il taglio dei parlamentari

Abbandonata la ricerca di un’anima, il Pd rivendica un dna, ma nemmeno il passaggio positivistico dallo spirituale al corporale sembra illuminare il cammino. Il taglio dei parlamentari è nel nostro dna, ha detto Maurizio Martina e ieri il segretario, Nicola Zingaretti, ha ricordato che il progetto fa parte da sempre del bagaglio riformistico della sinistra. Ed è innegabile. Si è parlato molto di Nilde Iotti, in questi giorni, per il puerile tentativo di Luigi Di Maio di stabilire una corrispondenza fra il suo pensiero (ehm) e quello di lei (che legava irrimediabilmente la riduzione della rappresentanza al superamento del bicameralismo perfetto, invece irrimediabilmente slegata dai cinque stelle, e pure dal Pd, a proposito di dna).
Quasi quarant’anni fa c’era la commissione Bozzi (dal nome del presidente, il liberale Aldo Bozzi) incaricata di svecchiare le istituzioni, e fra le varie proposte c’erano, naturalmente, il taglio dei parlamentari e il superamento del bicameralismo perfetto, ma tutto andò all’aria con la fine della legislatura. Per gli interessi genetici che stimolano questo articolo: i due antenati del Pd – la Dc e il Pci – votarono in disaccordo, a favore della bozza la prima e si astenne il secondo. Già lì il dna subiva delle ibridazioni di cui si sono visti gli effetti poi. In seguito si allestirono altre commissioni, sempre con gli antenati fra i promotori, la commissione Iotti-De Mita, la bicamerale di Massimo D’Alema, la bozza di Luciano Violante, e il dna era quello: riduzione dei parlamentari, revisione dei ruoli delle Camere, correttivi vari. Tentativi regolarmente andati a vuoto.
La grande riforma riuscì a scriverla Silvio Berlusconi con Roberto Calderoli nel 2006. Le fondamenta sono quelle: meno eletti e compiti differenziati per il Senato. Si arrivò a fino al referendum confermativo ma, in dissenso dal dna, i Ds e la Margherita, appena prima della fusione che avrebbe condotto al Pd, si opposero al disegno di centrodestra, dichiarato autoritario, fascista eccetera, e contribuirono alla bocciatura. E poi dieci anni più tardi ci è riuscito anche Matteo Renzi con Maria Elena Boschi, sugli eterni presupposti che forse è il caso di non replicare. Altro referendum, a cui Martina e Zingaretti votarono sì, ma gran parte del Pd votò no (autoritarismo, fascismo…), insinuando il sospetto che lo scissionismo di sinistra sia congenito al punto da scindere persino il dna. Il quale, senz’altro, è mobile qual piuma al vento e infatti, a questo turno, ha suggerito di opporsi ai primi tre giri parlamentari e di accodarsi al quarto. Strano tipo di dna, a intermittenza sveglio o letargico, a seconda se passa un amico o un nemico.