il Fatto Quotidiano, 26 agosto 2020
I grandi evasori non pagano mai
Nonostante un (limitato) miglioramento negli ultimi dieci anni, la riscossione dell’evasione accertata resta un buco nero del fisco italiano. Lo conferma l’ennesima analisi della Corte dei Conti su dati dell’Agenzia delle Entrate: in vent’anni (dal 2000 al 2019) sono state affidate ai soggetti di volta in volta preposte “cartelle” – non solo tributarie – per oltre mille miliardi di euro, ma solo il 13,3% degli importi risulta recuperato. La cosa più sconfortante, per così dire, è che la capacità dello Stato di ottenere il dovuto sembra diminuire con l’aumentare dell’importo: le cartelle sopra i 100mila euro affidate alla riscossione dal 2008 al 2019 ammontano a 302,9 miliardi di imposte totali, l’incasso è stato di 8,2 miliardi, il 2,7%. Sotto la soglia dei 100mila euro, invece, gli importi affidati erano pari a 166 miliardi e il recupero si è attestato a 31,7 miliardi, il 19,1%.
Se invece facciamo una fotografia alla situazione attuale (a fine 2019 per la precisione), scopriamo che il “magazzino” delle entrate iscritte a ruolo ancora da incassare ammonta a 954,7 miliardi, ma di questi solo 79,6 miliardi hanno concreta probabilità di finire nelle casse dello Stato: il resto è infatti riferibile a soggetti falliti (153 miliardi), ditte cessate (119 miliardi), contribuenti con “anagrafe tributaria negativa”, cioè di fatto nullatenenti (110 miliardi) e altre situazioni che escludono un futuro recupero di quanto evaso.
La Corte dei Conti, per chiudere su una nota di ottimismo, registra comunque un “netto miglioramento” tra i quinquenni 2010-4 e 2015-9 con un indice di riscossione generale passato dal 10,8 al 12,5%, con saldi positivi sia sui ruoli erariali (Entrate e Dogane) con l’indice salito dal 7,7 al 9%, sia sui ruoli Inps (dal 21,9 al 25,5%). Ferma al 30,5% invece la quota riscossa per i tributi di Comuni e Regioni.