Il Sole 24 Ore, 26 agosto 2020
Exxon esce dall’indice Dow Jones
Per Big Oil è l’ennesimo passo sul viale del tramonto. ExxonMobil, icona del petrolio americano, ora è fuori dal Dow Jones Industrial Average, indice ormai di secondaria importanza per gli investitori a Wall Street, ma tuttora prestigioso dal punto di vista dell’immagine: una sorta di salotto buono dell’economia Usa, circolo esclusivo di appena 30 società al quale si viene ammessi anche in virtù della «eccellente reputazione» e di cui Exxon ha fatto parte per quasi un secolo. Era entrata nel 1928 quando ancora si chiamava Standard Oil ed era una delle potentissime Sette sorelle. Ne uscirà il prossimo 31 agosto, insieme a Raytheon e Pfizer, altri marchi illustri, della difesa e della farmaceutica rispettivamente. Tutte e tre espulse, nella prima revisione importante dell’indice dal 2013, che farà spazio a «nuovi tipi di attività che meglio riflettono l’economia americana». Così dice il comunicato di S&P Dow Jones Indices, padrona di questo e di molti altri indici, compreso l’S&P 500, che meglio riflette l’andamento del listino azionario statunitense e in cui si entra grazie alla capitalizzazione. Nel DJ Industrial Average i criteri per l’inclusione privilegiano invece la performance del titolo: si tratta di un indice ponderato, che guarda al prezzo unitario per azione. Ed Exxon – come molte altre compagnie petrolifere – da tempo non brilla in Borsa.
Meno di dieci anni fa il colosso texano era la più grande società del mondo, poi sul trono delle Blue Chips si è insediata Apple. E da allora è cominciato un declino quasi ininterrotto. Esattamente un anno fa Exxon era uscita dalla Top 10 delle società a maggior capitalizzazione, nel 2020 il suo valore di Borsa è diminuito di un ulteriore 40%. Oggi il settore dell’energia a Wall Street ha ridotto il suo peso ad appena il 2,5% del listino, contro il 27,5% di Big Tech. E la revisione dell’indice DJ Industrial Average dipende anche da questo: dalla volontà di non perdere il traino prezioso dei titoli tecnologici, vero motore del rally della Borsa Usa.
A sollecitare l’esigenza di modificare il paniere, spiega S&P, è stato lo «stock split» annunciato a fine luglio da Apple: il frazionamento azionario, di quattro azioni per una, renderà più accessibile per i piccoli risparmiatori il titolo della Mela (che quest’anno si è apprezzato di quasi l’80%), ma in assenza di interventi avrebbbe fatto perdere peso alla componente hi-tech dell’indice. In parte questa viene recuperata con l’ingresso di Salesforce.com, azienda di cloud computing. Entrano anche Amgen (biotecnologie invece della tradizionale farmaceutica di Pfizer) e Honeywell, conglomerato industriale che ritorna nell’indice dopo esserne uscita nel 2008.
A rappresentare l’energia resta solo Chevron. Del resto il comparto (e i petroliferi in particolare) è ormai diventato una zavorra per il rally di Wall Street: non a caso il DJ Industrial è in ribasso dello 0,8% da inizio anno e non ha ancora cancellato l’effetto Covid, mentre l’S&P 500 – grazie soprattutto ai Faang – ha guadagnato il 6,3 % e si è rimesso a macinare record.