Si è sentita di nuovo l’altra?
«Sono stata contenta per lei e per la bella notizia di un altro figlio. Sulle scelte personali nessuno può giudicare. Ha voluto intraprendere un altro tipo di percorso, e posso capire tutte le motivazioni. D’altronde col lockdown e il posticipo dei Giochi, con l’incertezza che effettivamente si faranno, a Tania erano aumentati i dubbi».
Lei ha continuato a sperarci?
«Sì, il mio era un sogno romantico. E anche un messaggio positivo, una sfida: si può essere mamme e andare alle Olimpiadi, persino alla nostra età. Lei con Maya e io con Ludovica, 3 anni. Io, anche da separata in attesa di divorzio, un errore di gioventù, e Tania mi aveva avvertito. Ora ho un nuovo compagno e cerco un’altra Francesca».
Cosa farà?
«Niente Olimpiadi, ma gareggerò grazie all’Esercito ancora per un anno. Nel frattempo voglio scoprire la donna non tuffatrice. Allenare mi piacerebbe, specie i giovani abituati alle scorciatoie: lo sport insegna a esserci. I tuffi, poi, sono una continua ricerca della perfezione. Potenza, eleganza, testa. Lo ripeti all’infinito in palestra, ma in gara ne hai solo uno. E anche se sei in coppia, sul trampolino dei da solo. Magari scrivo un libro, voglio raccontarmi di più. "L’altra" mi sembra un titolo che descrive bene la mia storia».
Una sintesi?
«Con Tania ho cominciato a fare coppia nel 2009: l’anno degli Europei a Torino, a casa di Giorgio Cagnotto, e poi i Mondiali a Roma. Stadi pieni. Ho sentito da subito tutta la responsabilità, anzi il peso e la paura, di sbagliare e compromettere tutto. Nessuno mi metteva pressione, erano paturnie mie».
Le sono passate?
«Col tempo e il lavoro, anche con la psicologa Daniela Cavelli, che ci ha seguito anche in coppia. Ho capito che non ero la metà in meno, ma quella in più».
Sente di aver vissuto all’ombra di Tania?
«Vivere accanto a grandi campioni è dura. E Tania lo è, giusto che abbia raggiunto i suoi obiettivi anche al livello individuale. Io sono stata un’atleta discreta e professionale. Credo di essere stata forte perché starle vicino ha significato prendersi delle responsabilità. Abbiamo raccontato una bella storia, difficile da ripetere, anche se auguro a chi ci seguirà, da Bertocchi-Pellacani, di prendersi le loro soddisfazioni. Anche l’Italia, paese di grandi potenzialità a volte inespresse, le merita».
Che cosa vi ha unite?
«Feeling, dentro e fuori la piscina.
Io quella emotiva, lei quella razionale. Ci fidavamo l’una dell’altra. In gara non ci parlavamo mai, ci sentivamo. Una magia. Io ho imparato a trasformare l’emozione in energia, lei l’ha sentita. Mi ha insegnato autostima e consapevolezza. Mi diceva: so che in gara non sbaglierai».
Tania ha mai sbagliato?
«A Londra 2012: sul presalto del doppio salto mortale in avanti con avvitamento, non siamo partite perfettamente insieme e in aria non si è vista una figura unica. I giudici sono stati inclementi con noi, non con il Canada. Per un soffio abbiamo perso il bronzo.
Abbiamo quasi pensato di mollare».
Poi l’argento a Rio.
«Stomaco chiuso. E un vento da non stare in piedi. Dopo, l’abbraccio tra me e lei. La felicità è fatta di attimi. Quello».