Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  agosto 26 Mercoledì calendario

Abe in ospedale dopo 147 giorni filati di lavoro

«Tornerò a lavorare e proverò a non cedere». Così ha detto il primo ministro giapponese Abe Shinzo, lunedì, ai giornalisti che lo aspettavano sulla porta di casa per interrogarlo sulla sua salute: da una settimana si teme che la colite ulcerosa che lo fece dimettere nel 2007 dal suo primo mandato sia ritornata. «Ha bisogno di riposo ma non se lo concede, perché si sentirebbe in colpa in questi mesi difficili», ha detto nei giorni scorsi in tv il deputato Amari Akira, suo alleato di governo. «Dobbiamo convincerlo a prendere qualche giorno di tregua». Ma l’opposizione lo critica per essersi preso tre giorni di pausa, dopo 147 di lavoro ininterrotto, per farsi visitare. Un lusso da pigri nel Paese del karoshi, termine intraducibile che significa «morire di troppo lavoro» e che per uno studio del 2016 era un rischio concreto per un giapponese su 5. Di qui l’annuncio del premier, che appare molto stanco: «Proverò a non cedere».
«Non cedere», in giapponese, si dice ganbaru, altro verbo intraducibile e assai diffuso che riassume un’etica del (super)lavoro: alla lettera, «lavorare tenacemente in tempi difficili». È il verbo usato ieri da Abe: una risposta indiretta, forse, al Partito costituzionale democratico, principale forza di opposizione ai liberali di Abe che ha già chiesto che il premier riferisca circa la propria salute alla Camera Bassa, dove è atteso in commissione bilancio il 2 settembre.
Una settimana fa, il 18 agosto, un primo check-up alla clinica universitaria di Keio: irrituale non solo per la durata – sette ore e mezzo – ma perché il premier, 66 anni tra poche settimane, si sottopone notoriamente a controlli completi semestrali, e il più recente era stato a giugno. Lunedì il secondo controllo: al ritorno Abe si è trovato una tonnara di giornalisti sulla porta di casa. Ha detto di avere ritirato i risultati degli esami e di aver fatto accertamenti; ha promesso: ganbaru.
Ma le voci si rincorrono con morbosità crescente: a un settimanale un collaboratore ha detto di averlo visto vomitare sangue in ufficio; Abe, del resto, non tiene una conferenza stampa da due mesi, ha l’aria esausta, e il canale tv di Tokyo Tbs ha addirittura cronometrato il tempo che impiega a spostarsi dalla porta del suo ufficio all’ascensore, 21 secondi mentre in un video di aprile ne impiegava 18.
Con la colite ulcerosa Abe convive da quando aveva 17 anni. «Se il farmaco che uso avesse impiegato più tempo per entrare sul mercato», ha detto nel 2013, «non sarei dove sono oggi». Nel 2007, dimettersi – e per una sindrome gastrointestinale – era stato per Abe un’umiliazione: difficile, spiegano i commentatori politici sulle pagine dei giornali giapponesi, che voglia ripetere un passo simile, e per questo promette di resistere finché potrà.
Per altri commentatori, resistere finché può è il solo modo «onorevole» per Abe per uscire da un anno nero, che sembra avere sgretolato quasi tutta la stabilità economica e politica del suo secondo mandato, iniziato nel 2012 (a oggi 2.801 giorni consecutivi in carica, che ne fanno il premier più longevo nella storia della nazione). La gestione della pandemia, che molti gli rimproverano troppo attendista, tanto che nei sondaggi il suo gradimento personale è sceso al 34%, con un 47% di giapponesi che si dicono suoi detrattori. Il crollo del Pil, verticale ormai da tre trimestri, che ha annullato molti benefici della sua politica economica, la «Abenomics», fin qui efficace nel condurre il Paese fuori da una lunga crisi deflazionistica. Un’ondata di caldo senza precedenti; l’impasse nelle negoziazioni con la Russia sulle isole Curili; le Olimpiadi rinviate al prossimo anno, e comunque tuttora incerte. Il 2020 è stato per Abe forse l’anno più difficile.
E le paure sulla sua salute accelerano il dibattito sulla successione: un momento che arriverebbe comunque entro ottobre 2021 (termine ultimo per le prossime elezioni generali) e che vede già le opposizioni lavorare febbrilmente per unirsi in un nuovo partito da annunciare a settembre. Alla guida dei liberali di Abe, dopo le elezioni del prossimo autunno, i possibili successori più quotati sono Fumio Kishida e Shigeru Ishiba, già ministri; se, come è probabile, i liberali avranno di nuovo la maggioranza alla Dieta nazionale, l’organismo rappresentativo bicamerale che esprime il governo, uno dei due sarà il possibile prossimo premier del Giappone. Se invece Abe lasciasse prima del tempo – di nuovo – gli succederebbe il vice Taro Aso. Per ora, comunque, ganbaru.