Avvenire, 25 agosto 2020
Il supertifoso John Templar
Nel calcio di plastica dei tempi moderni, con stadi svuotati dal Covid, una storia di passione e di tifo verace arriva da Milano. Gianni Quartarone, alias John Templar, è nato in Piemonte da genitori di origini siciliane. Dall’ottobre 1974 al febbraio 2020 ha seguito 994 partite del diavolo rossonero, in Italia e all’estero. A fermare la sua corsa verso quota mille è stata la pandemia ma non vede l’ora di tornare a San Siro. «La mia prima partita fu Juventus-Milan. Perdemmo 2-1 con Giagnoni in panchina. Il mio esordio a San Siro invece risale ad un Milan- Verona dell’aprile ’79, nell’annata della stella. Ero con mio padre e al gol dell’ex Calloni vedemmo le streghe. Poi sistemò tutto Novellino dopo il pareggio di Gianni Rivera che quel giorno segnò l’ultimo gol della sua carriera».
Operaio specializzato presso una multinazionale, il destino milanista di John fu chiaro già al momento della nascita in un piccolo ospedale della provincia di Torino. «Era un lunedì del dicembre ’68. Quella settimana si sarebbe conclusa con la vittoria del Milan al Comunale contro la Juve. Presi il nome del nonno ma mio padre ci teneva a sottolineare l’aggancio con il Golden Boy». Nel tempo, l’amore verso la squadra del cuore si è rafforzato, resistendo all’uragano del calcioscommesse 1980 e alla retrocessione sul campo del maggio ’82.
«Ero a Cesena quando vincemmo in rimonta con una prodezza di Antonelli vanificata dal pareggio allo scadere del Genoa a Napoli. I periodi bui del Milan hanno accresciuto la mia passione, vado fiero della Mitropa Cup, trofeo rinnegato da tanti tifosi perché vinto nell’anno della seconda caduta in B. La delusione più grande è stata a Verona, nel ’90, quando l’arbitro Lo Bello buttò fuori quasi mezza squadra. Quell’anno meritavamo lo scudetto più del 1988». Dalla stagione ’84/85 ha sempre sottoscritto l’abbonamento alle partite del Milan a San Siro. Nel suo percorso di tifoso ci sono anche 30 anni nella Fossa dei Leoni. «Sono abbonato da 35 anni, non perdo una partita a San Siro dal 1994, amichevoli compre- se». I ricordi più belli? «Il derby deciso da Hateley nell’ottobre ’84 con un colpo di testa a sovrastare Collovati. Su tutte metto il trionfo in Coppa Campioni a Barcellona contro la Steaua. Ero al Nou Camp: una giornata strepitosa, la città catalana invasa dal tifo rossonero. Tutto lo stadio pregno di bandiere e striscioni milanisti. Ed in campo lo spettacolo di quel Milan di Sacchi, con Baresi, Maldini, Van Basten. Spettacolo puro. Dopo le sofferenze dei primi anni 80, trionfi e successi in serie».
C’è un gol che ricorda in modo particolare. «Quello segnato da Gullit a Torino contro la Juve ad inizio ’88. Ero dietro la porta di Tacconi». La passione è uguale, il calcio è però cambiato. «Questo sport è cambiato, lo spezzatino lo ha modificato in peggio. La partita alla domenica pomeriggio era un rito, c’era più emozione derivante dagli incontri che si giocavano tutte alla stessa ora. Oggi non si capisce più nulla. Pensiamo ad un operaio che il lunedì sera vorrebbe andare allo stadio pensando che il giorno dopo dovrà svegliarsi presto per andare a lavoro. Assurdo. Per non parlare della tessera del tifoso. No, questo calcio non mi convince affatto e non agevola la passione dei tifosi, anzi fa di tutto per spegnerla o penalizzarla».
Dopo il lockdown, John Templar avrebbe fermato tutto. «Come in Francia, anche se, da milanista, devo dire che la squadra ha giocato molto bene. Onore e merito a mister Pioli che ha fatto un ottimo lavoro, meritandosi la conferma». Il suo nickname – Templar – è un richiamo alla fedeltà dei cavalieri templari. «La passione per il Milan mi ha dato molte più gioie che delusioni». Osvaldo Soriano associava le emozioni del calcio a quelle della vita: gioie e amarezze, risate e pianti, esaltazione e depressione. Un approccio al futbol come recupero settimanale dell’infanzia. «Mi avvicino al traguardo delle mille partite seguite della mia squadra del cuore e posso dire che mi sono divertito, vivendo e approcciandomi al calcio con una sana passione. Pensando al Milan mi torna in mente mio papà che adesso non c’è più. Devo a lui la mia fede calcistica rossonera». John Templar, cuore e passione.