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 2020  agosto 25 Martedì calendario

Il Liechtenstein rivuole la terra confiscata

Uno degli stati più piccoli del mondo avrebbe un’idea per espandersi: farsi restituire un territorio dieci volte più grande del proprio, confiscatogli dopo la Seconda guerra mondiale per le ragioni sbagliate. “Sbagliate”, perlomeno, dal punto di vista del Liechtenstein, che ha fatto causa alla Repubblica Ceca presso la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per riavere indietro le “sue” terre: ma a Praga non sono d’accordo. Una storia surreale, le cui radici affondano nel conflitto contro il nazismo. «Per noi, l’applicazione illecita dei provvedimenti presi dalla Cecoslovacchia nel 1945 sono una questione irrisolta», ha detto al Financial Times nei giorni scorsi Katrin Eggenberger, ministra degli Esteri del minuscolo principato. «L’espropriazione senza compensazioni è inaccettabile. Più una nazione è piccola, più è importante che ne vengano rispettati i diritti».
La famiglia dei Liechtenstein è una delle grandi dinastie aristocratiche europee. Dopo la Prima guerra mondiale, il collasso dell’impero austro-ungarico risultò in un mosaico di nuovi stati: con appena 160 chilometri quadrati di superficie (due volte e mezzo la repubblica di San Marino), il principato del Liechtenstein, un enclave alpino stretto fra Austria e Svizzera, era un lillipuziano. Ma i principi avevano enormi ricchezze all’estero, tra cui 1600 chilometri quadrati di foreste e possedimenti in Boemia, Moravia e Slesia, inclusi due magnifici castelli oggi catalogati come patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Nella Seconda Guerra Mondiale il principato rimase neutrale, ma nel ‘45, dopo il crollo della Germania nazista, la Cecoslovacchia, occupata dall’Armata Rossa sovietica, ne confiscò tutti i beni come bottino di guerra, sostenendo che il Liechtenstein, dove si parla tedesco, era stato di fatto complice di Hitler.
Gli avvocati del micro-stato obiettano che nel 1938, appena completata l’annessione dell’Austria da parte della Germania nazista, il principe regnante del Liechtenstein, Francesco Giuseppe II, fuggì da Vienna, dove risiedeva la maggior parte del tempo in uno dei suoi palazzi. Esibiscono inoltre vecchie fotografie dei prigionieri ebrei del campo di concentramento nazista di Dachau che nel 1945, appena liberati, ancora con le divise a strisce del lager, vengono accolti calorosamente dalle guardie di frontiera del Liechtenstein. La Repubblica Ceca, erede legale delle terre disputate, replica che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo non ha giurisdizione in materia perché nemmeno esisteva all’epoca dei fatti; e i tribunali di Praga hanno già respinto più volte i ricorsi del Liechtenstein.
Naturalmente il principato non vuole davvero riprendersi una porzione di territorio dieci volte più grande del proprio, ma situato a 700 chilometri dalle sue frontiere: sarebbe poco pratico. Lo scopo, piuttosto, è ricevere dai cechi un indennizzo in denaro. Nell’impresa non lo aiuta il fatto che l’attuale principe regnante Giovanni Adamo II sia il monarca più ricco d’Europa (4 miliardi di dollari di capitale) e i suoi 37 mila abitanti, con un reddito medio pro-capite pari a quasi 110 mila dollari l’anno, siano fra i più ricchi del mondo, né la reputazione di paradiso fiscale, sebbene per l’Italia non sia più nella “lista nera” dei Paesi di questo tipo.
Può darsi che non se ne farà niente. Ma la vicenda serve a ricordare i danni provocati dalla guerra, gli orrori del nazismo e il valore dell’Europa unita. Di cui il Liechtenstein, a differenza della Repubblica Ceca, non fa parte.