La Gazzetta dello Sport, 24 agosto 2020
A tu per tu con Pippo Inzaghi
Un tifoso, uno dei tanti che lo ferma durante la passeggiata dopo cena per il centro di Seefeld, centra perfettamente la situazione: «Pippo, non sei cambiato: potresti ancora giocare». Lui sorride, fa la foto, riparte e osserva: «È vero, non sono cambiato. Nello spirito: vedo un pallone e sono felice. Da allenatore lo stress è maggiore, ma questo per me rimane un gioco: i lavori veri sono altri. Non rimpiango e non rinnego niente dei miei primi anni in panchina: sto facendo il mio percorso e va bene così». Pippo Inzaghi ha dominato il campionato di B con il Benevento e adesso è pronto a riassaggiare la A con enorme entusiasmo e la solita passione.
Inzaghi, si sente sotto esame?
«No, perché lo sono sempre stato anche quando giocavo. Segnavo tanto e l’anno dopo ci si aspettava che segnassi di più. Non ne ho mai fatto una questione di categoria: mi diverto come quando guidavo gli Allievi del Milan. Il calcio mi ha dato tutto quello che poteva e anche di più. Io alleno perché mi piace».
Tornasse indietro, cambierebbe qualche scelta?
«No, perché un allenatore non finisce mai di imparare. So che le nostre fortune sono legate a una società sana e a un gruppo di giocatori seri e forti. L’allenatore più bravo è quello che fa meno danni: io credo di poter incidere se ci sono certe condizioni, ma poi in campo ci vanno i giocatori».
Senza i quali non avrebbe vinto il Premio Scopigno nel 2018 e nel 2020, sempre per la Serie B.
«Non sarebbe stato possibile senza bravi giocatori e senza i miei eccezionali collaboratori: i riconoscimenti fanno piacere, ma sarebbe stato più giusto assegnare quei premi al migliore staff. Piuttosto, sono felice di aver vinto lo “Scopigno” insieme a mio fratello, scelto per la A: Simone è tra i più bravi tecnici europei perché sa insegnare calcio e sa gestire».
A proposito, il virus ha privato Simone dello scudetto?
«Sicuramente sì: giocando una partita alla settimana la Lazio avrebbe vinto o sarebbe rimasta in lizza fino alla fine. Giocando ogni tre giorni, invece, la panchina della Juve ha fatto la differenza».
Ha studiato nel lockdown?
«Ho visto tante partite. Io ragiono per concetti di gioco più che per moduli: mi piace che la mia squadra sia coraggiosa, corta, compatta, aggressiva. Non mi interessa il possesso palla, ma vorrei una verticalizzazione rapida».
La costruzione dal basso è più rischiosa o vantaggiosa?
«Più vantaggiosa e infatti il mio portiere “gioca”: la costruzione dal basso ti aiuta ad avere superiorità più avanti e infonde personalità e fiducia ai calciatori».
Statistiche live su tablet, Expected Goals, numeri su numeri: favorevole?
«Guardo le cifre ovviamente, ma poi conta quello che succede in campo. Il rimbalzo del pallone non lo puoi prevedere e lo sviluppo della partita può essere diverso da quello che hai preparato. L’allenatore deve leggere la gara e intervenire al di là dei numeri».
In una stagione strana come la prossima, quanto sarà importante la condizione atletica? E perché in Italia il ritmo è sempre troppo basso?
«La condizione atletica sarà fondamentale e abbiamo iniziato presto il ritiro anche perché vorremmo partire bene. Non so come mai il ritmo in generale non sia alto, ma spero che il Benevento abbia sempre un buon livello di forma».
Quanto sarà complicato per il Benevento passare da un campionato dominato a uno con prevedibili momenti di difficoltà?
«La cavalcata della B dovrà darci fiducia. L’anno scorso sono state fatte cose incredibili, questi ragazzi hanno affrontato grandi sacrifici anche nella vita privata. Adesso dovranno raddoppiarli».
L’obiettivo sportivo del Benevento è la salvezza. Ma l’obiettivo tecnico qual è?
«Essere il rompiscatole del campionato. Giocare senza snaturarci, andare oltre i nostri limiti, proporre un calcio organizzato nelle due fasi».
Bonaventura, Pavoletti, Lapadula, Gervinho: sono alcuni dei nomi che si fanno oltre ai già presi Glik e Ionita. L’esperienza sarà fondamentale?
«È un valore aggiunto importante, come la personalità. E il Benevento potrebbe allungare la carriera di alcuni giocatori. Bonaventura, ad esempio, qui potrebbe perfino tornare in Nazionale. Ma sia chiaro che non cerchiamo nomi a caso. Chiunque venga deve essere funzionale al progetto».
Pirlo alla Juve?
«Mi incuriosisce. Gli avevo mandato un messaggio dopo la nomina per l’Under 23 e ho dovuto mandargliene un altro subito dopo... È un ragazzo molto intelligente, che si aggiorna tanto. Ha la fortuna di iniziare in una grande società e con un gruppo fortissimo. Gli auguro ogni bene. Mi fanno sorridere i dubbi caratteriali: non è vero che se non urli non incidi. L’allenatore deve essere anche un bravo psicologo».
L’avete preso in giro nella chat dei campioni del 2006?
«No, ma la battuta di Gattuso (“Adesso sono c...i suoi”, ndr) è quella che gli avremmo fatto tutti».
I cinque cambi li vorrebbe?
«Sono un romantico, quindi non cambierei le regole. Però sarebbero utili per coinvolgere tutti i giocatori».
La sua fidanzata Angela la sopporta ancora?
«Sì, ma l’anno scorso non conta: troppe vittorie, era facile sopportarmi. Vedremo quest’anno... Scherzo, è una santa».