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 2020  agosto 23 Domenica calendario

A tu per tu con Gaetano Cavalieri, l’uomo dei gioielli

«Sono stato folgorato sulla via della sostenibilità il 17 gennaio 2001, quando ancora non se ne parlava. Ero stato eletto per la prima volta presidente di Cibjo da sei mesi e l’industria dei preziosi che rappresentavo venne duramente attaccata da organizzazioni attiviste a una conferenza a New York: fummo accusati di complicità con i ribelli della Sierra Leone e dell’Angola che avevano conquistato le miniere di diamanti e che vendevano le pietre per finanziarsi. Lo scandalo dei blood diamonds, grave fallimento delle strategie di sostenibilità sociale di interi Paesi e dell’industria del lusso, rischiò di azzerarci per i risvolti reputazionali e commerciali».
Gaetano Cavalieri, classe 1950, racconta tutto d’un fiato la sua ventennale storia da presidente di Cibjo – The world jewellery confederation. L’acronimo francese (Confédération internationale de la bijouterie, joaillerie, orfèvrerie des diamants, perles et pierres) indica la confederazione mondiale della filiera dei gioielli, che rappresenta sette milioni d’imprese (dall’estrazione di pietre e metalli preziosi al retail) in tutte le sedi internazionali: l’Onu, l’Ocse, la Wto in primis. Ma quando questo combattivo catanese ne prese il timone, l’organizzazione non esercitava alti compiti di rappresentanza ed era eclissata dal bagliore dei suoi soci. Stelle brillanti – è il caso di dire – ma velate da dense nubi.
«C’era di che preoccuparsi – racconta Cavalieri. Ma la mia famiglia commercia preziosi da 200 anni, sempre con le mani pulite, in un ambiente complesso come la Sicilia. La resilienza ce l’ho nel Dna. Aiutai il mio settore a ripulirsi, senza negare le accuse: erano state commesse atrocità su popolazioni inermi. Sostenni il rinnovamento portato avanti dal Kimberly process, una concertazione dei protagonisti del settore per darsi regole comuni. Dopo il lancio del primo Certification scheme, nel 2003, in pochi anni l’incidenza dei diamanti da conflitti crollò dal 4% a meno dell’1 per cento. Di contrabbandieri milionari di pietre preziose e oro di dubbia provenienza ne ho espulsi diversi, da Cibjo. Senza perdono. Perché i nostri clienti non perdonerebbero opacità».
Guidare una confederazione industriale non bastava, però, a garantirsi rispetto e considerazione. Nel 2001 Cavalieri si convinse che Cibjo dovesse essere riconosciuto come organizzazione non governativa (Ngo) dall’Ecosoc (il Comitato economico e sociale dell’Onu), al pari delle organizzazioni che avevano accusato la sua industria. «Bussai alle Nazioni Unite per due anni, sempre trattato come un alieno: il comparto era guardato con sospetto. Fui ricevuto nel 2003 grazie all’ambasciatore Marcello Spatafora, Rappresentante permanente italiano all’Onu. Nei successivi tre anni ricevetti consigli illuminanti da Hanifa Mezoui, capo della sezione Ngo del Dipartimento affari economici e sociali Onu. Nel 2006, Cibjo ottenne finalmente lo status di membro consultivo dell’Ecosoc, come unico ente del settore. Ci impegnammo a estendere i vantaggi della responsabilità sociale a tutta la piramide del business, non solo al vertice». Il film «Blood diamonds» con Leonardo DiCaprio, quell’anno, investì come un tifone il mondo dei preziosi, che pensava di essersi messo alle spalle lo scandalo. Ma l’industria riuscì a dimostrare che ormai usava pietre certificate conflict free.
Presto scattò però un altro allarme: quello della sostenibilità ambientale. L’estrazione dei preziosi rischia di deturpare aree incontaminate e di aggravare i cambiamenti climatici in atto. «Per questo Cibjo ha promosso linee guida per l’estrazione responsabile – spiega – e avviato ricerche con l’Università Federico II di Napoli e con il Principato di Monaco per riconoscere dal Dna i coralli di barriera, la cui raccolta è illegale. La nostra Coral Commission, presieduta da Enzo Liverino (della famiglia di corallai di Torre del Greco), ha portato avanti un programma di attività che promuovono solo il corallo sostenibile, di profondità, difendendo le barriere a rischio».
L’attivismo di Cibjo risponde anche alla crescente domanda di gioielli etici. «I Millennial e la Generazione X hanno una spiccata sensibilità ambientale, che va assecondata prima che sfoci in boicottaggi – puntualizza Cavalieri -. L’industria deve correre per rimanere in piedi, seguendo tutte le regole. E se le regole non sono sufficienti occorre che si autoregolamenti, per rispettare i diritti e l’ambiente al massimo livello. Dal canto mio, combatterò sempre per spingere le imprese su un sentiero etico e tecnologico, l’unico in grado di garantire il futuro». La sfida della sostenibilità è stata affrontata promuovendo la compliance alle regole internazionali, le certificazioni etiche come quelle del Responsible jewellery council, le autoregolamentazioni e attraverso i Blue books. «Si tratta di sette pubblicazioni allineate ai 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, create dalle commissioni interne a Cibjo e discussi con tutti gli enti interessati, a partire dall’International standards organization – spiega il presidente -. Sono diventate un protocollo universale sulle definizioni e sulle buone pratiche relative a diamanti, pietre di colore, perle, metalli preziosi, corallo, laboratori e responsible sourcing. Quello sull’approvvigionamento responsabile è il più recente, elaborato dalla commissione presieduta da Philip Olden del World gold council, in collaborazione con l’Ocse». Di rilievo anche i corsi erogati dal ramo formativo di Cibjo (la World jewellery confederation education foundation), le guide per gli addetti e i consumatori scaricabili online, la certificazione carbon neutral footprint ottenuta da sei anni e promossa fra i soci, le ricerche sulla responsabilità sociale d’impresa e i sistemi informatici blockchain (coordinate dalla senior advisor Francesca Marino), i webinar organizzati dal direttore della comunicazione Steven Benson da Tel Aviv e dal vicepresidente Rui Galopim de Carvalho da Lisbona (con un’audience di 30mila partecipanti durante il lockdown).
L’ultima sfida è legata all’hi-tech, che il mondo dei preziosi vive come una minaccia ma che Cavalieri vede come un’opportunità. Le blockchain create nel settore sono l’unico modo per avere una tracciabilità garantita delle materie prime, fondamentale per una sostenibilità non di facciata. Per questo Cibjo ne promuove l’accesso, semplificato, anche alle piccole e medie imprese, spiega Cavalieri.
Importanti anche gli esperimenti di firma nanotech dei diamanti: incisioni invisibili a occhio nudo, che possono avere un ruolo anti-contraffazione rilevante. Se ne è parlato all’ultimo congresso, nel novembre 2019, in Bahrain. «In quella sede Cibjo ha anche accolto alcuni importanti produttori di diamanti laboratory grown - racconta -. Questa mossa ha fatto discutere, ma si è resa necessaria quando è sceso in campo De Beers, con il marchio Lightbox e i suoi macchinari hi-tech per distinguere i diamanti fatti da Madre natura in un miliardo di anni da quelli creati dall’uomo in due settimane. L’importante è essere onesti nelle informazioni al mercato, offrire prezzi calmierati, garantire standard condivisi». Non a caso, dal congresso del Bahrain è tornato come vicepresidente esecutivo di Cibjo Jonathan Kendall, presidente di De Beers Industry services, a capo di questo filone di attività del colosso dei diamanti.
La rappresentanza del comparto assorbe buona parte del tempo di Cavalieri, che prima del Covid-19 girava come una trottola: a New York, per le riunioni dell’Ecosoc e del Global Compact Onu, in Colombia e negli Emirati arabi per l’organizzazione dei congressi, in India, Russia, Israele e Cina a visitare i giganti del settore, in Svizzera dai soci dell’orologeria e dai vertici della fiera di Basilea, a Rimini e a Vicenza dal top management del partner Ieg (Italian exhibition group), a Parigi per le riunioni Ocse e i cda di Cibjo (ente nato in Francia nel 1926, con sede legale a Berna come organizzazione non profit di diritto svizzero). Le foto di Cavalieri con capi di Stato, esponenti di famiglie reali, Pontefici costellano il sito della confederazione.
Durante la pandemia, però, si è chiuso nella sua villetta alle porte di Milano. Finalmente la famiglia l’ha visto per più di 10 giorni di seguito «e non capitava da decenni», racconta lui. A fine luglio la visita estiva all’amata Sicilia. «Non mi sono mai piegato al pizzo: ho rinunciato ad alcune opportunità senza rimpianti», sussurra con pudore. Dopo la laurea in Economia e commercio era partito dall’isola per due master a Rotterdam e alla London School of Economics e poi per una carriera da commercialista in tre città. Nel 1990 aveva rilevato le attività orafe di famiglia dai parenti; tre anni dopo era diventato presidente della Federazione grossisti orafi e consigliere di Confedorafi e in questa veste era delegato italiano presso Cibjo. Nel maggio 2000, al congresso in Giappone, veniva eletto presidente: la prima di otto elezioni.
La sua famiglia continua la tradizione orafa con l’ottava generazione di gioiellieri, rappresentata dal figlio Aurelio, capo europeo del colosso dei diamanti sostenibili canadesi. Gaetano Cavalieri, invece, è consulente di business strategico per Governi e organizzazioni e in passato è stato delegato alla World Trade Organization, rappresentante nel TransAtlantic Business Dialogue, membro del comitato consultivo dell’Ice e consigliere nazionale di Confcommercio. Ma soprattutto è capo indiscusso di Cibjo ed è attivo nel networking sociale, con il nascente club Diplomatia Milano e con il service sostenibilità del Canova club Milano.
Nuove battaglie lo attendono. Il settore dei preziosi era già in flessione prima della pandemia. «Dobbiamo conquistare il cuore delle nuove generazioni, mostrandoci in linea con le loro passioni: ambiente, tecnologie, e-commerce, social media; o si fa un’industria dei gioielli sostenibile e hi-tech o si muore», conclude parafrasando Giuseppe Garibaldi che, con lo sbarco dei Mille a Marsala, unì la sua Sicilia al resto del mondo.