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 2020  agosto 23 Domenica calendario

Trump tenta il sabotaggio del voto per posta

Joe Biden parla di «assalto alla democrazia». La speaker della Camera, Nancy Pelosi, terza carica dello Stato, richiama i deputati dalle vacanze per bloccare la riforma delle Poste. L’accusa è grave: cospirazione. Non arriva dalla Russia ma direttamente dalla Casa Bianca. Trump sta cercando di sabotare con tutti i mezzi lo Us Postal Service. Ha bloccato i finanziamenti. Ha messo un uomo di fiducia al vertice che ha riformato (e ritardato) la consegna postale a poche settimane dalle elezioni. Per rendere più complicato possibile il voto per corrispondenza.
Il voto per posta viene consigliato in tanti Stati di questo sterminato Paese, soprattutto nelle aree rurali più remote e anche nelle città quest’anno. Con la pandemia ancora in corso, i 5,5 milioni di casi e gli oltre 175mila morti. Quest’anno sarà utilizzato da decine di milioni di americani.
Ma l’incubo dei ritardi postali apre la strada a un mare di ricorsi che, se dovesse perdere le elezioni, Trump è pronto a far partire. L’immobiliarista presidente ha una lunga storia di sei bancarotte e di fallimenti evitati grazie alle carte bollate e alle cause infinite.
Qualche settimana fa, in uno dei tanti tweet, il presidente aveva ipotizzato il rinvio del voto per il virus. Non ha i poteri per farlo. Quello che sta cercando di fare non è tanto rinviare il voto, quanto piuttosto spostare in avanti la convalida dei risultati.
In un’America polarizzata si aprono inquietanti scenari di crisi costituzionali. Milioni di voti, in un caso, rischiano di non essere considerati validi. Nel secondo i ritardi nel ricevimento dei voti postali potrebbero permettere a Trump di rivendicare la vittoria, in una elezione altrimenti persa.
Quarantadue stati americani, molti repubblicani, hanno autorizzato il voto per corrispondenza. Sette stati hanno inviato a casa le schede. Il Nevada ha addirittura approvato una legge che estende a tutti i cittadini il voto postale. Con il coronavirus, si stima che voterà per posta almeno il 65% degli americani: si parla di 80-100 milioni di persone.
Trump negli ultimi tempi ha avanzato accuse pesanti alle Poste e al voto per corrispondenza. «Saranno le elezioni più corrotte della storia». «Il voto postale è la più grande minaccia di frode elettorale». In un’intervista a Fox News ha spiegato che non è disposto a raggiungere un accordo con i democratici sul nuovo piano di aiuti federali per il coronavirus, parcheggiato da tre mesi alla Camera, che comprende anche i finanziamenti per lo US Postal, proprio perché il suo rifiuto ostacolerà il voto per corrispondenza. «Vogliono 25 miliardi per lo US Postal, hanno bisogno di quei soldi per far funzionare le Poste in modo che possano ricevere in tempo milioni di schede. Se non riceveranno i fondi non si potrà avere il voto per corrispondenza», ha detto.
«Il presidente degli Stati Uniti sta sabotando un servizio pubblico di base su cui fanno affidamento centinaia di milioni di persone, perché vuole privare gli americani del loro diritto fondamentale di votare in sicurezza», ha scritto Andrew Bates, portavoce della campagna di Biden.
Durante la convention democratica, si sono ripetuti gli appelli a richiedere il voto per corrispondenza. Senza aspettare le settimane a ridosso del voto. Spiccano, tra tutte, le parole di Michelle Obama: «Dobbiamo andare a votare presto, di persona se possiamo. Altrimenti dobbiamo richiedere subito il voto per posta, stanotte stessa, rispedirlo immediatamente e seguirlo per essere sicuri che sia stato ricevuto. E poi assicuratevi che i vostri amici e le famiglie facciano lo stesso».
A chi come lei andrà a votare ai seggi, l’ex first lady raccomanda: «Dobbiamo indossare le scarpe più comode, metterci le mascherine, preparare una cena al sacco e forse dobbiamo anche portarci una colazione, perché dobbiamo essere disposti a stare in fila anche tutta la notte se necessario». Una battaglia per votare.
Il 15 giugno ha preso servizio il nuovo Postmaster dello US Postal: Louis DeJoy, 62 anni, immobiliarista della North Carolina, trumpiano di ferro, tra i grandi finanziatori della campagna. Ha donato 650mila dollari al Trump Victory Fund e oltre un milione alla convention repubblicana che inizia domani. È la prima volta da due decenni che la carica di direttore generale delle Poste non è affidata a un interno. DeJoy è un fedelissimo del tycoon. La moglie Aldona Wos è stata nominata da Trump ambasciatore in Canada.
Il 91% degli americani, in modo bipartisan, sostiene il servizio postale. La società ha accumulato un passivo mostruoso nel tempo di 106,9 miliardi. Il coronavirus ha fatto il resto riducendo di un terzo le spedizioni postali. Si stima un calo di ricavi di 13 miliardi per l’anno fiscale in corso.
DeJoy, dopo pochi giorni dal suo arrivo, ha varato una controversa riforma del servizio postale che prevede lo stop al pagamento degli straordinari ai postini, nuove regole per la consegna, lo stop a 671 macchine di smistamento della posta, la rimozione di 22 manager. L’effetto della riforma è che ora la posta arriva in ritardo: lo US Postal ha inviato una lettera a tutti gli Stati in cui avvisa che non riuscirà a distribuire le schede elettorali in meno di 15 giorni.
In prospettiva, in vista del voto, a preoccupare sono i ritardi possibili nel solitamente rassicurante e sicuro servizio di consegna dei postini americani con il camioncino bianco e la scritta blu e rossa.
I democratici chiedono le dimissioni di DeJoy. Il Postmaster venerdì è intervenuto al Congresso e ha promesso che non ci saranno ritardi. Con l’accentuarsi delle critiche ha deciso di spostare l’attuazione della contestata riforma a dopo le elezioni. Domani avrà un’altra audizione davanti all’agguerrito Comitato per la sorveglianza delle riforme della Camera. Cortei di protesta contro lo spezzatino del servizio postale negli ultimi giorni si sono svolti in diverse città. Anche davanti all’abitazione del Postmaster a Greensboro, in North Carolina.
Come se non bastasse, 21 Stati americani hanno presentato ricorsi contro la riforma delle Poste. L’argomentazione è che il cambiamento delle modalità operative del sistema è stato deciso senza l’approvazione della Postal Regulatory Commission. La riforma insomma impedisce agli Stati, con la pandemia in corso, di garantire a tutti i cittadini il diritto di voto.
Secondo la Costituzione è il Congresso e non la Casa Bianca ad avere il potere di regolamentare le elezioni. Ma Trump ha trovato il modo di aggirare l’ostacolo. Ha bloccato l’accordo sul nuovo pacchetto di aiuti federali per il Covid, con i fondi per le Poste, perché teme che il voto per corrispondenza aiuti i democratici.
Nella speranza che tante persone non vadano a votare ai seggi per paura del coronavirus. Insomma un pasticcio da Repubblica delle banane che rischia di delegittimare i risultati delle elezioni americane.