Il Sole 24 Ore, 23 agosto 2020
Argentina, pace fragile tra governo e creditori
Il governo argentino ha annunciato finalmente un accordo con i creditori internazionali, evitando un disastroso stallo per le finanze del Paese. Il compromesso è il massimo cui si poteva ambire in una fase di crisi economica acuta dovuta allo shock pandemico globale. La complessità del negoziato è dipesa dalla natura composita del debito emesso sotto diverse giurisdizioni (locale/estere), da denominazioni in valute diverse nonché dalla presenza di Clausole di azione collettiva, di cross default e accelerazione su numerose tranche di titoli di diritto estero.
Il deal è un gigantesco reprofiling del debito governativo estero, con l’obiettivo di impedire disastrosi rimborsi nel breve-medio periodo. Infatti oltre 10 miliardi di dollari erano previsti in scadenza in meno di 2 anni, un deflusso di valuta ritenuto insostenibile anche dai creditori. Da ora in poi il rimborso del debito estero è sospeso fino al 2024, per poi crescere fino a raggiungere i 6 miliardi annui solo intorno al 2030. Il governo ha rinunciato a un default duro che avrebbe costretto i creditori internazionali a subire perdite stimate del 50-60%.
Grazie all’accordo si potrà preservare il 100% del capitale investito in cambio di una nuova scadenza dei titoli più che ventennale; solo chi è interessato a maturities più brevi sarà sottoposto a un haircut limitato del 3%.
Tecnicamente il reprofiling avverrebbe attraverso uno swap tra i vecchi e nuovi titoli con scadenza tra il 2030 e il 2046, che sarebbero amortising (cioè prevedrebbero rimborsi a rate del capitale prima della scadenza) e step-up, cioè a rendimenti crescenti nel tempo. Il servizio del debito dovrebbe riprendere già dal 2021 per importi modestissimi (cedole dello 0,125%), mentre il primo rimborso amortising del capitale sarebbe per il 2024 (680 milioni). Con il piano di rimborso a regime (circa il 2030) i nuovi titoli dovrebbero rendere intorno al 5%.
Nel complesso, la dilazione dei pagamenti consentirebbe un guadagno in termini monetari per il governo argentino di almeno 33 miliardi. Rispetto al valore dei vecchi titoli, gli analisti stimano il tasso di recovery ottenibile intorno al 55%. Dalle valutazioni sul mercato secondario, fin dallo scorso settembre si riteneva più probabile un recovery intorno al 40-45%. Non sorprende dunque il favore con cui il deal è stato accolto dalle associazioni di creditori internazionali (Recall, Ad Hoc Group, l’Argentina Creditor Committee e l’Exchange Bondholder Group).
Il blocco dei rimborsi per 4 anni concederebbe a Fernandez il tempo per riavviare l’economia in un scenario finalmente post-pandemico. Recenti stime sull’andamento del Pil vedono una caduta del 12,5% nel 2020, per via del lockdown tra i più lunghi a livello globale.
In questo quadro macro-economico drammatico, la posizione del Fondo Monetario Internazionale (Fmi) è problematica. Oltre 50 miliardi sono stati erogati nell’ambito dello Stand-by Agreement, un programma di aggiustamento che il governo Fernandez ha cancellato all’avvio della crisi pandemica. Questi fondi sono stati bruciati dalla Banca centrale argentina in un’inutile difesa del peso sui mercati valutari e l’Fmi potrebbe dover concedere una ristrutturazione del credito. Allo stato attuale, Buenos Aires dovrebbe rimborsare 7 miliardi entro il 2021, mentre nel 2022 gli esborsi salirebbero a 22,8 miliardi. In recessione globale risulterebbe impossibile accompagnare la ristrutturazione a un programma di austerity, anzi diventerebbe lecito contestare ogni aggiustamento di bilancio.
Il governo Fernandez sarebbe disposto a ripristinare un piccolo surplus non prima del 2026, una posizione che il Fmi potrebbe trovare difficile da digerire. In definitiva, nell’inverno pandemico di Buenos Aires, si continua a navigare a vista.