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 2020  agosto 23 Domenica calendario

Intervista a Florence Williams

Il lavoro di Florence Williams si concentra su ambiente, salute e scienza. La giornalista americana scrive su una moltitudine di testate: da Outside Magazine al New York Times e New York Times Magazine, dal National Geographic a The New York Review of Books, fino a Slate, Mother Jones e molte altre pubblicazioni. Fa anche parte del «Center for Humans and Nature» ed è «visiting scholar» alla George Washington University. Dai sentieri nella foresta in Corea alle isole della Finlandia e ai boschi di eucalipto in California, nel suo libro The Nature Fix sta esplorando gli effetti positivi che la natura ha sul cervello.
È vero che in media le persone sono molto più felici all’aperto?
«Sì, il loro umore migliora, si sentono meglio e provano meno agitazione, rabbia e frustrazione».
Come ha acquisito la consapevolezza dell’importanza della natura visto che è nata e cresciuta in città?
«Anche se sono cresciuta a New York, mio padre amava la natura selvaggia. Ogni estate andavamo in campeggio e in canoa lungo i fiumi del medio Atlantico, del Sud e dell’Ovest. Da lui ho imparato a sentirmi a mio agio all’aperto, a divertirmi lì, a concepire la natura come uno spazio rilassante e avventuroso e ad amarla. Anche in città andavo quasi ogni giorno a Central Park».
Nel suo libro lei scrive che il nostro cervello si rilassa quando siamo in un parco o in un bosco. Perché?
«Trovo più convincente l’idea di "biofilia", cioè che gli esseri umani abbiano un’affinità innata con la natura e gli esseri viventi. I nostri sistemi percettivi e il sistema nervoso si sono evoluti in ambienti naturali, e sanno come leggerli e sentirsi a proprio agio lì. Quando il nostro cervello è stimolato e impegnato, ma non in stato di allerta, siamo in un posto neurologicamente felice. La natura offre un punto privilegiato per l’interazione con il mondo».
Ha prove, come scrive nel libro, del fatto che i pini siano benefici per il sistema immunitario e che ascoltare il canto degli uccelli abbia un effetto calmante?
«Le faccio un esempio. In Giappone il dottor Qing Li, un immunologo, ha scoperto che le cellule natural killer, parte del sistema immunitario del nostro corpo, aumentano in presenza di composti antifungini emessi dagli alberi. I suoni del canto degli uccelli e dell’acqua che cade possono abbassare la nostra pressione sanguigna e farci sentire più calmi e mentalmente più acuti. Un team di neuroscienziati dell’Università dello Utah ha scoperto che dopo essere stati nella natura selvaggia per tre giorni, otteniamo risultati migliori del 50% in termini di creatività. E le persone che vivono vicino a spazi verdi mostrano tassi più bassi di stress e malattie a esso legate».
Perché allora non facciamo più cose che rendano felice il nostro cervello?
«Non sempre siamo buoni giudici di quello che fa per noi. Vogliamo il gelato e lo shopping, ma i benefici della natura sono più sottili della gratificazione immediata. Inoltre, siamo impegnati e sotto pressione e a volte pensiamo di non avere tempo per una passeggiata nel parco, anche se quella pausa potrebbe renderci più produttivi e più piacevoli per il resto della giornata».
Pensa che oggi siamo abbastanza in contatto con la natura? Se invece questo rapporto lo abbiamo perso che fare per recuperarlo?
«Non siamo mai stati così disconnessi come oggi dal mondo naturale. Stiamo vivendo nel mezzo della più grande migrazione di massa nella storia, ed è la migrazione verso gli spazi interni. Poiché sia gli adulti sia i nostri figli vivono vite disconnesse, è difficile riconquistarlo. Si è spezzato il legame».
Quanto dovremmo stare a contatto con la natura? È vero che i bambini trascorrono sette ore al giorno davanti a uno schermo, escluso il tempo a scuola?
«I ricercatori finlandesi raccomandano che gli adulti trascorrano in mezzo alla natura poco più di un’ora alla settimana per prevenire una depressione lieve. Nel Regno Unito si è scoperto che le persone che ne passano più di 2 a settimana sono le più felici e in salute. Chi sta attraversando un periodo stressante, potrebbe aver bisogno di più tempo. Per la salute dei bambini e per il loro sviluppo sociale ed emotivo, nonché per la loro capacità di attenzione è importantissima la vita all’aperto. Per tutti è utile esporre il viso alla luce solare e alla brezza e fare respiri profondi. Il contatto con la natura è importate anche per superare un dolore o un trauma».
Aristotele credeva che le passeggiate all’aria aperta rendessero più lucida la mente. Aveva ragione?
«A quanto pare sì. Molti filosofi sono di questo avviso. Sant’Agostino ha detto, solvitur ambulando - nel camminare si risolverà. Wordsworth compose molte poesie mentre camminava in campagna e Tesla inventò l’idea per il suo rivoluzionario motore mentre passeggiava in un parco».
Goethe sosteneva che gli esseri umani sono interamente parte della natura. Crede che ne siamo consapevoli?
«Gran parte della civiltà occidentale ha affermato l’idea opposta: che la natura esiste per servirci. Siamo creature facilmente distraibili e non passiamo abbastanza tempo all’aperto per sentirci veramente connessi ai cicli e alle delizie della natura».
Durante il lockdown molte persone hanno improvvisamente potuto apprezzare il lento cambiare della stagione, giorno dopo giorno. Questa attenzione continuerà?
«Spero e credo di sì! Non abbiamo spesso l’opportunità di notare ciò che ci circonda. Ho adottato un nuovo rituale; camminare per strada ogni sera per guardare il tramonto, insieme a molti dei miei vicini. È un rituale che vorrei mantenere. Mi aiuta a dormire meglio, mi collega al mondo naturale in modo pacifico ed è ottimo per la glicemia e la digestione. Non è fantastico?».
Durante quel periodo c’è stato un altro elemento speciale, quello del silenzio: niente automobili, aerei, macchine. Il silenzio fa bene al cervello?
«Ciò che chiamiamo silenzio sono in realtà i suoni della natura, e ciò che chiamiamo rumore sono i rumori emessi dal mondo umano tecnicamente indesiderati. La scienza è abbastanza chiara sul fatto che questi suoni industriali sono dannosi per i nostri livelli di stress nel tempo, nonché per l’apprendimento e la cognizione».
Lo stop dovuto al coronavirus ha reso migliore la qualità dell’aria e dell’ambiente in generale. Concorda?
«Penso che i benefici sperimentati dalla fauna siano temporanei. Abbiamo bisogno di un’economia più sostenibile se vogliamo un mondo meno inquinato. Resta da vedere se saremo in grado di farlo».
Dopo la pandemia pensa che molta gente lascerà le città?
«Spero che cercheremo di rendere le nostre città luoghi più sostenibili, umani e ricchi di natura per tutti i residenti. Abbiamo bisogno delle città e dei loro numerosi vantaggi, ed è meglio per il pianeta se viviamo in comunità concentrate ed efficienti dal punto di vista energetico».
Avere un migliore rapporto con la natura rallenterà la nascita di nuove pandemie?
«Finché la pressione della popolazione umana sconvolgerà gli ecosistemi naturali avremo nuovi virus. Vorrei vedere la fine del commercio di animali selvatici, del bracconaggio e della distruzione degli ecosistemi».
Al di là di lavarci le mani e mantenere le distanze, in quali altri modi possiamo impedire la diffusione del virus?
«Mi affascina l’idea di spostare ospedali, cliniche e aule in spazi all’aperto. Abbiamo messo i tavoli dei ristoranti per le strade, perché non le aule? Molte scuole e ospedali lo fecero durante l’influenza del 1918 e funzionò. Ci vorrà un po’ di logistica, pianificazione e creatività, ma possiamo e dobbiamo farlo a beneficio dei nostri bambini, insegnanti e genitori».
Spesso sembra che il progresso tecnologico e il denaro stiano da una parte e dall’altra l’economia verde. È possibile un compromesso?
«Assolutamente sì. La green economy è comunque un sistema economico, ed è più giusta, umana, equa e sostenibile». 
(traduzione di Carla Reschia)