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 2020  agosto 23 Domenica calendario

Intervista a Jude Law


Jude Law ha girato con i maestri del grande schermo – da Spielberg a Scorsese, ora con Coppola – ma a cambiargli la testa e la carriera è stata la doppia serie papale al fianco di Sorrentino. Dismesso l’abito talare, il divo inglese ha abbracciato un progetto completamente diverso, The third day , ancora frutto del sodalizio Sky-Hbo. La serie, che vedremo in autunno, è divisa in due atti, Estate e Inverno. Nel primo Law arriva su una misteriosa isola inglese raggiungibile in auto su una sottile striscia di terra che scompare con la marea. Affascinato dagli abitanti e dalle tradizioni, resta tre giorni ma al momento della partenza l’atmosfera si fa inquietante e dal passato emergono eventi indicibili: « The third day ha elementi di suspense e mistero visti attraverso il prisma di umanità che a volte rende divertente e sorprendente il comportamento estremo delle persone», racconta da Londra l’attore (anche testimonial della campagna di Sky Wi Fi, il servizio ultra broadband di Sky on air).
L’ambientazione misteriosa è «l’isola di Osea, al largo della costa orientale dell’Essex, nel sud del Regno Unito, abbiamo girato in tutta quella zona. L’area condivide con il tema del film una bellezza ammaliante, resa speciale dagli occhi del regista, Marc Munden». Le riprese sono state interrotte a causa del Covid 19 e poi completate.
Vedremo la serie in autunno.
La serie è stata fermata e poi è ripartita. Cosa ha imparato nei mesi di clausura?
«La più grande lezione è stata imparare ad avere pazienza, godermi il momento e i piaceri semplici. Vivo in una città che, come tutte le metropoli, tende ad avere un ritmo che ci spinge tutti in avanti, riempiendo anche il tempo che dovrebbe essere libero, i momenti di relax. Durante il lockdown spesso mi limitavo a stare seduto a non fare nulla, guardando il giardino crescere e leggere. Mi sono ricordato di quanto amo leggere i libri, anche quelli non legati al lavoro. La famiglia e gli amici sono stati incredibilmente importanti ed è stato bello collegarsi: è forse la prima volta che sostengo la tecnologia moderna come uno strumento utile nella nostra vita.
Siamo stati in grado di vivere questo insolito capitolo della nostra vita insieme e quando abbiamo avuto momenti difficili ci siamo aiutati l’uno con l’altro, riuscendo a goderci i momenti migliori come famiglia».
Ha detto che interpretando Lenny Belardo in “The young Pope” e “The new Pope” ha affrontato molte cose di se stesso.
«C’erano alcuni elementi in Lenny che so che mi hanno cambiato per sempre, come attore e come persona. Non so se li comprendo ancora tutti, ma di certo ho scoperto di aver fatto mia una certa calma di pensiero che aveva Lenny. Vivere e lavorare in Italia mi ha aperto lo sguardo su un paese in cui ero già stato ma che stavolta ho scoperto e di cui mi sono innamorato. Lavorare con Paolo mi ha dato la fiducia in me stesso che mi mancava in quel momento».
Da spettatore quali serie le sono piaciute?
«Di recente ho adorato la serie con Mark Ruffalo, I know this much is true e penso che Chernobyl sia magnifica».
È stato scelto spesso dagli autori della New Hollywood.
Spielberg, Scorsese e ora da Francis Ford Coppola per “Megalopolis”.
«Ci lavoriamo da alcuni anni ormai, è un vero e proprio work in progress. Mi sento molto fortunato: questo non vuol dire che io sia ufficialmente scritturato o altro, ma è un vero onore far parte dell’evoluzione del progetto nella mente di un Maestro. Sono cresciuto guardando i film di Francis, sono tra i motivi che mi hanno portato al cinema. Sedermi al suo tavolo, condividere appunti e pensieri sul progetto è un sogno.
Come con Spielberg e Scorsese, c’è grande collaborazione, i grandi registi cercano la forza in chi li circonda, ascoltano e imparano da tutti. Steven Spielberg è uno dei registi più veloci, preparati ed energici sul set. Durante A.I.
Intelligenza Artificiale era come se stesse montando il film nella sua testa mentre giravamo. Alle prove mi dava la libertà di sviluppare il personaggio come volevo, poi ne parlavamo e mi diceva cosa gli piaceva e cosa no. Spielberg è divertente, la sua immaginazione è vivida e giovanile. Scorsese ha un’aura di saggezza e passione per il cinema. Condivide la sua vasta conoscenza della storia del cinema e la usa per guidarti a trovare l’ispirazione specifica all’interno del progetto che stai facendo con lui».
Quando ha capito che voleva fare l’attore?
«Ci ripenso molto: mi ricordo la prima recita in classe, avevo 5 o 6 anni, ho amato tanto l’esperienza, ne parlavo in casa, era un ambiente in cui mi sentivo al sicuro, mi piacevano le discussioni con gli altri e con l’insegnante. Mi affascinava la ricerca di come raccontare le storie, mi veniva naturale. Da allora ha sempre fatto parte della mia vita, ho recitato a scuola, nei club, nelle compagnie di giovani e alla fine nel mondo dei professionisti».
Quanto è importante per lei il senso dell’umorismo? Cosa la fa ridere?
«Importantissimo. Perché la vita è meravigliosa, ma anche complicata e ridicola, e devi essere in grado di ridere di te stesso, della vita e degli altri, regolarmente. Io mi faccio ridere quando sono ridicolo, i miei figli mi fanno ridere perché sono divertenti. E poi mia moglie, lei sa come farmi ridere».