la Repubblica, 23 agosto 2020
La posta del cuore di Simone de Beauvoir
«Simone, lei è un modello per tutti noi: l’amore senza meschinità, l’amore senza gelosia!». «Non sono felice di stare con mio marito: è troppo sensibile e troppo manesco». «Mentre le scrivo dall’Inghilterra» – dove l’interruzione di gravidanza sarà legalizzata nel 1967 – «sto piangendo disperata, dopo aver abortito il mio bambino su quel tavolaccio sozzo». «Non ho mai provato amore o sentimenti voluttuosi», scrive invece un’insegnante trentanovenne francese nel 1952, «non mi sento bella. Però il mio corpo è piuttosto attraente, credo. Tuttavia, nessuno ha mai scatenato un brivido di desiderio in me».
Dieci anni dopo, una 36enne lesbica britannica si rivolge ancora a Simone, dato che in patria anche l’omosessualità sarebbe stata reato fino al ’67: «Sono una di quelle che chiamano pervertite. Con la mia compagna ci amiamo da anni. Mi può consigliare un medico per operarmi e cambiare finalmente sesso?».
È la “posta del cuore” di Simone, ovvero Simone de Beauvoir. Alla leggendaria scrittrice e intellettuale francese, morta nell’86 a 78 anni, scrivevano tutti, dalla Francia e dall’Europa, talvolta anche da altri continenti: insegnanti, casalinghe, omosessuali, professori, studenti, giovani, anziani, borghesi, transgender, divorziati. Perché, soprattutto dopo la sua opera capitale Secondo sesso (1949), nella quale indagò e rivoluzionò il significato di essere donna («non si nasce, si diventa», «le donne non devono dire “noi”»), oltre alla sua relazione “scandalosa” e scambista con un altro colosso della letteratura francese come Jean-Paul Sartre, Simone de Beauvoir incarnava per molti l’avanguardia sentimentale, l’indipendenza amorosa, l’emancipazione sessuale e soprattutto la libertà, seppur confinata nelle righe di una lettera.
E così, tra gli anni Cinquanta e Settanta, De Beauvoir diventa la confidente di migliaia di persone, scatenando tra l’altro la gelosia di illustri colleghi maschi come François Mauriac: «Ormai sappiamo tutto della sua vagina e pure del clitoride!». A scoprire questa speciale corrispondenza è stata Judith Coffin, professoressa di storia presso la University of Texas. La quale, durante alcune ricerche alla Bibliothèque Nationale di Parigi proprio sul Secondo sesso ha scoperto e messo le mani su circa duemila missive intime, toccanti, commoventi che la scrittrice aveva ricevuto nei decenni. Così è nato Sex, Love, and Letters, l’ultimo libro di Coffin che la Cornell University Press pubblicherà in inglese il 15 settembre.
L’opera è stata anticipata dall’Observer e consultata in anteprima da Repubblica. È interessante perché racconta le numerose “interazioni social” – come le chiameremmo oggi – tra De Beauvoir e i suoi ammiratori, molte sinora inedite. «Ho trovato introspezione, attesa, delusioni, passioni», racconta Coffin, «le lettere della “posta del cuore” instillavano verità nel suo lavoro, lo ancoravano alla realtà. Tutte le confessioni umane che riceveva erano per lei filosofia pura». Non solo: «Queste lettere», continua l’autrice, «ci raccontano con testimonianze dirette la condizione delle donne negli anni ’50 e ’60, l’ignoranza dell’epoca sulla sessualità e soprattutto la nuova centralità che acquisisce man mano proprio il sesso, dalle opere di De Beauvoir direttamente ai suoi lettori, in ogni dimensione e oltre i tabù».
Il libro è composto in gran parte dalle lettere ricevute dalla scrittrice francese, ma c’è anche qualche sua risposta ai fan recuperata da Coffin. Un rimprovero a un lettore, per esempio: «Mi scusi, ma secondo me lei agisce in malafede. Niente della sua storia somiglia al mio “patto” con Sartre». Ma anche diverse riflessioni: «Tante persone mi scrivono per dirmi “è orrendo essere donna”. Ciò mi rende ancora più orgogliosa di aver scritto Il secondo sesso ». Perché, come De Beauvoir scriveva nelle memorie L’età forte (1960), «voglio penetrare così profondamente le vite degli altri che, quando leggeranno la mia voce, dovranno avere l’impressione di parlare con se stessi».