Il Messaggero, 22 agosto 2020
Storia del delitto Gucci
L’amore, il tradimento, l’odio, la violenza, i soldi. Quattro colpi di pistola. Tre raggiungono Maurizio Gucci alle spalle. L’ultimo, fatale, è alla tempia. Era la mattina del 27 marzo 1995, in via Palestro, a Milano. Gucci, 46 anni, erede della maison fiorentina, stava varcando l’ingresso della sua società quando un uomo lo ha ucciso mentre un complice lo aspettava in auto. Un delitto premeditato, con odio, quello che una sola persona al mondo poteva covare nei confronti del miliardario: Patrizia Reggiani, ex moglie di Gucci. Non lo aveva mai perdonato per averla lasciata nel peggiore dei modi: fuggendo di casa e facendole comunicare la notizia da un amico. E lei lo dice a tutti: «Lo vorrei vedere morto».
IL PIANO
A esaudire quel desiderio, sarebbe stata la dama di compagnia dell’ereditiera, la Maga, Pina Auriemma, sua amica, cartomante e confidente. Lei, insieme a Ivano Savioni, portiere d’albergo, avrebbe assoldato Benedetto Ceraulo – è stato lui a premere il grilletto – e Orazio Cicala, l’autista. Il costo dell’agguato: 610 milioni di lire. È questa la ricostruzione fatta dagli inquirenti ed emersa dalle interminabili udienze di un processo finito sui giornali di tutto il mondo. Gucci e la Reggiani si conoscono a una festa, nel 1971. Poi, il matrimonio del secolo, due figlie, i viaggi, il lusso. Il passo successivo, 12 anni dopo, è un divorzio miliardario. Maurizio parte per Firenze e non torna. È un amico a comunicare a Patrizia che il marito l’ha lasciata. La Reggiani ottiene un appannaggio di un miliardo e mezzo di lire e l’affido delle bambine.
Nel 1993 Gucci decide di vendere l’azienda per i troppi debiti. Patrizia non è favorevole, teme che sperperi tutto il denaro. Nello stesso periodo viene operata per un tumore al cervello. E lui, racconterà la donna, non va a trovarla in ospedale. Ci sono le figlie, c’è la madre, c’è l’amica Pina Auriemma, la sua dama di compagnia, confidente e cartomante. Ma non c’è Maurizio. Il movente dell’omicidio, per l’accusa, è proprio l’odio, che monta nel corso delle settimane, dei mesi. Nel 1995, l’agguato. All’inizio gli inquirenti indagano sui contatti lavorativi del miliardario, sulla malavita, sui casinò. Nel 1997, la soffiata che porta alla svolta: «Ivano Savioni si vanta dicendo di avere avuto un ruolo nell’omicidio», racconta un informatore. Savioni è un portiere d’albergo, amico di Pina Auriemma. Sarebbero stati loro a ingaggiare il killer. I telefoni della coppia vengono intercettati: i due parlano del delitto e della mandante, Patrizia Reggiani.
Il 31 gennaio 1997, gli arresti. Finiscono in carcere l’Auriemma e Sadoni, insieme a Benedetto Ceraulo, il killer, e a Orazio Cicala, il complice. A San Vittore finisce anche Patrizia Reggiani. A Victor Residence, come dice lei, dove resterà per 17 anni. L’amicizia con l’Auriemma non regge il processo, tra accuse reciproche e smentite. Vengono sentiti come testimoni amici, conoscenti, familiari, dipendenti dei Gucci. Una ex governante dichiara che la Reggiani nel 1991 aveva offerto a lei e al fidanzato 2 miliardi per uccidere Maurizio. Sostiene di avere avvisato l’erede della maison, che però non aveva dato peso a quelle parole. Una ricostruzione sempre smentita dalla Reggiani. Ma anche l’ex avvocato di fiducia della donna racconta ai giudici che la signora, nel 1994, si era informata sulle conseguenze in caso di omicidio del marito. Parole che l’ereditiera non ha contestato, aggiungendo di avere sempre covato rancore nei confronti di Maurizio Gucci.
LA CONDANNA
Per la Reggiani la condanna in primo grado è a 29 anni, che diventano 26 in appello, sentenza confermata in Cassazione. Pina Auriemma viene condannata a 19 anni e ne sconta 13. Per Orazio Cicala, l’autista, e per Savioni la pena è di 26 anni. Mentre per il killer viene disposto l’ergastolo.
Nel 2011 l’ereditiera ottiene la semilibertà. Ma all’inizio rifiuta, perché «non ho mai lavorato, non saprei cosa fare», confida. Dal 2017 Patrizia è libera, lavora in un’azienda di moda e ha riottenuto il vitalizio da quasi un milione di euro l’anno stabilito dalla sentenza di divorzio. Ma le giornate in tribunale non sono finite: ora la questione è tutta civilistica. Le figlie combattono contro di lei per l’eredità Gucci, mentre la madre, Silvana Barbieri, ha chiesto che dopo la sua morte la Reggiani venga affiancata da un amministratore di sostegno.