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 2020  agosto 22 Sabato calendario

Il talento di Mrs George Eliot

Pochi romanzieri specchiano in modo tanto emblematico la ricchezza di sfaccettature dell’epoca vittoriana come George Eliot, virile nome di penna di Mary Anne Evans ( 1819- 1880). Come Charles Dickens e Jane Austen, Eliot è una vetta godibile e imprescindibile della grande tradizione letteraria inglese. Lo dimostra il suo capolavoro Middlemarch, esplorazione etica e politica (nelle critiche al costrittivo status ottocentesco delle donne) di una comunità provinciale, dove l’analisi delle figure e delle loro interazioni con l’ambiente adotta scavi psicologici già” alla” Henry James. Vedi anche l’autobiografico Il mulino sulla Floss, che viaggia con acuminata intelligenza nel conflitto tra le volontà dei singoli e le norme imposte dall’ipocrisia collettiva.
Se a Eliot si può muovere un appunto, riguarda l’impatto “eccessivo” della sua intelligenza. Ha una voce poderosa nell’affrontare le circostanze storiche di un plot, o nel sondarne i territori complementari di arti e scienze. Da ciò dipende la presenza, nel suo avvolgente periodare, di momenti invasi da una mole soggiogante di quadri descrittivi, notizie erudite e riflessioni implicitamente filosofiche. Per un verso tale peculiarità le conferisce una fisionomia troppo “di testa”, a volte sproporzionata alla struttura narrativa dell’opera. Per un altro rappresenta un affascinante marchio di stile. Donna impostasi con energia nel mercato editoriale maschile e maschilista dell’Ottocento, Eliot crea una prosa estranea a sentimentalismi e ad affettazioni. La sua bravura è così poco” femminile” ( nel senso più banalizzato del termine) da farne un’autentica protofemminista.
Il suo bagaglio culturale affiora con risolutezza in Romola, libro poco noto in Italia e ora intercettato da Clichy ( ottima la nuova traduzione di Giovanni Maria Rossi). Da tempo era introvabile in italiano, e la proposta attuale è una significativa riscoperta. Uscito a puntate in un anno a partire da luglio del 1862 sul Cornhill Magazine e poi stampato in tre tomi nel 1863, questo gigantesco romanzo immesso nei fasti rinascimentali di una dettagliatissima Firenze, città molto visitata da Eliot- Evans, mette in scena un’azione rutilante e una schiera di personaggi veri e fittizi su uno sfondo che dalla morte di Lorenzo il Magnifico, 1492, arriva all’esecuzione per scisma ed eresia del predicatore Girolamo Savonarola, 1498.
Spicca come epilogo un estatico bozzetto al femminile che mostra la condizione finalmente equilibrata e autonoma che la protagonista, circondata da altre donne in una sorta di piccola comune, raggiunge nel 1509. Eliot ci porta quindi alle conseguenze ultime che gli accadimenti esposti hanno sul destino di Romola, primadonna magnetica per statura intellettuale e affettiva. Suo comprimario è il greco Tito Melema, a cui Romola consegna il suo amore per un’ampia fetta del testo. Entrambi sono caratteri inventati, mentre non lo è il frate Savonarola, ritratto benissimo nelle accensioni profetiche e nella furiosa volontà di rinnovamento della Chiesa. Tra le altre celebrità realmente esistite in cui ci imbattiamo lungo le quasi settecento pagine del volume, emergono Niccolò Machiavelli, Piero di Cosimo, Bernardo Rucellai, Carlo VIII di Francia… La Storia si mischia alla fiction e l’intesa fra i due piani rammenta Walter Scott.
Figlia di Bardo de’ Bardi, coltissimo e cieco, Romola subisce il padre che la usa come assistente mortificandola di continuo. Gli manca il figlio Dino, fattosi monaco, e non riconosce le doti della fanciulla. Tito Melema approda a Firenze dopo essersi salvato da un naufragio e aver abbandonato in balìa dei pirati l’uomo che lo ha cresciuto, Baldassarre, che lo insegue per vendicarsi. Cinico e bugiardo, Tito nutre le proprie ambizioni, e quando entra nelle vite dei de’ Bardi li seduce: Romola se ne innamora e il padre scorge in lui il figlio perso.
Su quest’ossatura centrale s’innestano tante diramazioni, in un succedersi incalzante del particolare (i passaggi focalizzati sui rapporti) e del generale ( gli squarci imponenti su intrighi e tumulti). Cornice fondante della trama è una Firenze arroventata dai dispotismi dei nobili, dai veleni dello spionaggio, dal malcontento del popolo e dalla corruzione dei Medici e del papato stigmatizzata da Savonarola. L’incontro con questo spirito visionario guida Romola verso una rinascita: l’eroina si libera da vincoli repressivi analoghi a quelli che avrebbero pesato sulle donne nell’età vittoriana. Il tutto è raccontato con un lessico opulento e spunti colti dalla Bibbia, dai classici greci e latini, e ancora da Dante, Shakespeare, Boccaccio... Questa miriade di riferimenti scorre in un mare” eliotiano” di considerazioni sociali, morali e religiose sospinte da un vibrante umanesimo agnostico. Bello immergersi e nuotare.