la Repubblica, 22 agosto 2020
Nolan spiega il nuovo film Tenet
Se il Protagonista di Tenet ha la missione di salvare il mondo, Christopher Nolan regge sulle spalle – dal latino tenet, parola palindroma– le sorti del cinema globale dei prossimi mesi e non solo. Entrambi lottano contro il tempo: l’uomo sullo schermo deve fermare un’organizzazione capace di manipolare presente e futuro, il regista tiene la barra dritta sulla necessità che il kolossal girato in pellicola IMAX e 70mm venga visto in sala. Il personaggio ha fede nell’umanità, l’autore ha fede nel pubblico: «Nel mio film abbatto la barriera tra lo spettatore e il materiale che sta guardando, voglio che provi un brivido viscerale, che si senta nel mezzo dell’azione. In questo momento la salute e la sicurezza delle persone sono il valore più importante ma, nel rispetto delle regole, è fondamentale ritrovare l’emozione di un film visto in sala», racconta Nolan in un incontro via Zoom. Nel poster c’è una versione doppia di John David Washington: in una l’attore indossa un respiratore trasparente e l’immagine ci ricorda che solo sei mesi fa la realtà parallela di un’umanità in mascherina sarebbe stata fantascienza. Costato oltre 200 milioni di dollari, prodotto dalla Warner, Tenet dopo lo slittamento di un mese esce il 26 agosto in 70 paesi, tra cui il nostro, negli Stati Uniti uscirà il 3 settembre, senza New York e Los Angeles.
Quella del regista inglese, 50 anni compiuti il trenta luglio, è dunque una sfida storica. «Quando Chris mi presenta una sceneggiatura sono sempre nervosa, mi aspetto di tutto», racconta Emma Thomas, produttrice e moglie di Nolan, «mi sono spaventata per le proporzioni di Tenet, ma ho provato ad andare oltre le pagine scritte e capire che tipo di esperienza Chris voleva offrire al pubblico». La trama, tenuta segreta fino all’ultimo e piena di colpi di scena e grovigli temporali, ruota intorno all’agente Protagonista, chiamato a evitare la terza guerra mondiale. John David Washington ha carisma, calore e un fisico tonico da ex atleta. «Sono rimasto folgorato vedendolo in BlacKKKlansman al festival di Cannes, volevo la sua umanità, lontana dal cinismo degli agenti dei romanzi». Lo incontriamo nel pieno dell’azione che apre il film, un attacco terroristico nell’affollato teatro dell’opera ceceno, i corpulenti terroristi a schiacciare strumenti e musicisti. Dopo l’arruolamento parte la caccia, unica arma disponibile la parola Tenet. Affiancato dal misterioso collega interpretato con il giusto divertimento, da Robert Pattinson, il nostro scala un grattacelo di Mumbai e scopre il suo bersaglio, l’oligarca russo incarnato Kenneth Branagh: «Mi sono spaventato, rivedendomi nel film», dice l’attore. Per agganciarlo gli agenti usano la diafana moglie Elizabeth Debicki, a cui il marito minaccia di sottrarre il figlio. Gli elementi delle spy story classiche, da Graham Greene a Bond, ci sono tutti, ma riletti alla Nolan. «Come ho fatto per il genere della rapina in Inception, agganciandolo al mondo dei sogni, così sono partito dalle convenzioni del thriller di spionaggio agganciandoci la teoria dell’inversione del tempo». La manipolazione del tempo è un tema che affascina il regista dai primi corti in bianco e nero: «Il bello della telecamera è che vede davvero il tempo. Prima che esistesse la cinepresa non c’era modo per le persone di concepire cose come “al rallentatore” o il movimento inverso. Il cinema è una finestra sul tempo che mi ha permesso di realizzare questo progetto». Come per Inception e Interstellar, c’è una base scientifica che regge l’impianto fantascientifico. Stavolta la legge dell’entropia, che afferma che tutte le cose tendono al disordine: «Ogni legge della fisica è simmetrica», spiega Nolan, «può andare avanti o indietro nel tempo ed essere la stessa, tranne che per l’entropia. La teoria è che si si riesce a invertire il flusso di entropia per un oggetto si può intervenire sul flusso del tempo. Ne ho parlato con Kip Thorne (il fisico con cui aveva già collaborato per Interstellar, ndr ) e mi ha aiutato con alcuni dei concetti». Sul fronte estetico l’ispirazione dichiarata è, come per Inception, l’arte del grafico surrealista M.C. Escher: «Traggo molte ispirazioni visive dalle litografia con le immagini delle scale. Tendo a pensare in termini schematici, quando scrivo, cerco di definire le direzioni del tempo e come potrebbero piegarsi l’uno sull’altra». Come la fantascienza si basa su teorie reali, così nelle riprese si punta sugli originali effetti speciali, più che digitali, «per abbattere il divario tra il fantastico e la realtà dei personaggi, coinvolgendo il pubblico».
Tutto questo per ricreare l’emozione che provò Nolan bambino. «Avevo sette anni e mio papà mi portò in sala a vedere il mio primo Bond, La spia che mi amava, di recente l’ho rivisto con i miei figli e ho ritrovato nei loro occhi la sensazione di saltare attraverso lo schermo e viaggiare nel mondo, su macchine che diventano sottomarini. Tenet vuole ricreare quel senso di meraviglia». Nolan spinge come mai prima sulla complessità narrativa (avvertenza: può aiutare vedere il film più volte), i combattimenti a tempo “invertito” sono mozzafiato, ci sono colossali azioni di guerra a “doppio senso temporale”, un 787 che si schianta («Sì, abbiamo comprato un aereo vero», spiega la Thompson, «è stato difficile girare in un aeroporto funzionante»), un gigantesco inseguimento automobilistico sulle strade di Tallinn, un duello in mare con gli F50, i catamarani che si sollevano dall’acqua.
Un’avventura, fuori e dentro il film, che si è consumata tra Estonia, Norvegia, Regno Unito, Usa, Danimarca e Italia. Nolan, che chiudeva a Firenze la parabola del Cavaliere oscuro e qui fa ordinare un espresso in tazzina dal Protagonista nel mezzo dell’azione, ha scelto la Costiera Amalfitana: «Ero stato a Ravello anni fa, ha una combinazione unica di bellezza naturale e artificiale, per il modo in cui le città sono arroccate sul mare. Abbiamo girato sulle barche in un periodo dell’anno affollato, ma è stato uno dei momenti più speciali del set».