Corriere della Sera, 22 agosto 2020
Il futuro di Piazza Affari
Con il Decreto Agosto il governo ha attribuito a Consob la facoltà di pronunciarsi sul futuro di Borsa Italiana, un dossier diventato caldo a seguito della decisione del London Stock Exchange Group (Lse) di cederne il controllo. L’aggregazione con Londra 13 anni fa era sembrata una mossa vincente e in effetti ha offerto a Borsa una spalla robusta a fronte degli shock esogeni degli ultimi anni. Tuttavia l’ha esposta dapprima ai travagli della Brexit, con le relative ripercussioni regolamentari, e successivamente ai mutamenti di rotta di Lse. Sempre meno interessata al business delle quotazioni e degli scambi rispetto a informazioni di mercato, tecnologia e risk management. Il gruppo Borsa Italiana ha al suo interno un listino azionario di tradizione seppur poco rappresentativo della nostra economia (il rapporto capitalizzazione/Pil è del 30%), ma anche altri asset meno noti al grande pubblico. La piattaforma elettronica Mts, leader nella negoziazione dei titoli di Stato, i servizi di regolamento garanzia e custodia di Cassa di Compensazione e Monte Titoli e, infine, il network di Elite, un programma di supporto a 1500 Pmi in rapida crescita. Si tratta di atout mai pienamente valorizzati all’interno di Lse ma che potrebbero esserlo con un diverso assetto proprietario.
Quali criteri dovrebbe utilizzare allora il governo Conte per orientare la proposta di cambio di controllo che giungerà sul tavolo della Consob? Scartata per la tempistica l’ipotesi ideale di un collocamento sul mercato (Ipo), sarebbe poco consigliabile farsi guidare da una logica domestica: l’economia italiana, e quindi il suo mercato finanziario, può rimanere nel gruppo di testa dei paesi industrializzati solo coltivando una spiccata apertura. Mantenere un forte ancoraggio europeo avrebbe anche il beneficio di candidare Mts a divenire il mercato di riferimento per la negoziazione dei bonds del Recovery Fund, una nuova classe di attivi finanziari destinata ad assumere un ruolo centrale nei portafogli istituzionali. Allo stesso tempo non sarebbe vantaggioso benedire un semplice passaggio di Borsa Italiana da Londra ad un’altra piattaforma europea che consideri le nostre società mercato come mere appendici rispetto ai propri interessi strategici. In quest’ottica, appare forse più promettente la candidatura di Deutsche Börse rispetto ai franco-olandesi di Euronext, per i quali l’Italia rappresenterebbe solo uno dei 7 listini in portafoglio.
Serve quindi un disegno finanziario ma anche industriale, che combini la legittima aspettativa di ritorno economico sull’investimento (si parla di un valore intorno ai 3,5 miliardi di Euro, pari ad un multiplo di oltre 15 volte il risultato operativo del 2019) a un progetto di valorizzazione strategica.
Tuttavia la vera chiave del successo per Borsa Italiana sarà rappresentata dalla capacità di fare avvicinare al mercato le nostre multinazionali tascabili e l’ampia coorte di aziende italiane di medie dimensioni che hanno sempre guardato con sospetto alla quotazione, non individuandola come alternativa al mantenimento di un pieno controllo familiare.
I nomi li sappiamo ma vale la pena ricordarli per il prestigio che hanno nel mondo: Barilla, Ferrero, Armani, Comau, Lavazza, Chiesi, Menarini e via di questo passo. I mutamenti nelle catene mondiali del valore rendono ormai imprescindibile una crescita dimensionale o addirittura un raddoppio di taglia proprio attraverso quelle acquisizioni/aggregazioni che hanno spesso visto come “prede” le nostre imprese da parte di gruppi internazionali forti della propria natura di società quotate. Mario Draghi pochi giorni fa ha evidenziato come il risparmio delle famiglie nell’area Euro sia aumentato in un anno dal 13% al 17% del reddito disponibile. Ben vengano quindi le facilitazioni all’investimento di questo stock di risparmio, in forma di detassazione del capitale investito o di compensazione fiscale delle perdite, ma soprattutto sono fondamentali gli incentivi proprietari alla quotazione attraverso crediti o esenzioni di imposta, ad esempio relativamente all’Irap come suggerito da Confindustria. Nel prossimo futuro la nuova Borsa Italiana deve agire da moltiplicatore delle risorse pubbliche del Recovery Fund a beneficio di una allocazione più produttiva e sostenibile del patrimonio delle famiglie italiane rispetto al tradizionale investimento immobiliare. Questa sarà forse una delle ultime chance di rafforzare la componente di mercato nella nostra economia.