La Stampa, 21 agosto 2020
Così Bannon ha sedotto gli italiani
Lo zio d’America del sovranismo, dunque, era probabilmente un magliaro d’oltreoceano. Uno venuto a rovesciare la vecchia gag di Totò Truffa che vende la Fontana di Trevi al turista yankee, anche se Steve Bannon è sbarcato in Italia per smerciare un prodotto assai più immateriale: le capacità da stratega che – giurava – avevano portato Donald Trump alla Casa Bianca e altrettanto potevano fare per i suoi emuli italiani, Matteo Salvini e Gorgia Meloni tra tutti. Ci credettero entrambi, e mica solo loro. Anche una parte significativa della fazione ecclesiastica ostile a Papa Bergoglio abboccò all’amo di quel giornalista spettinato, inventore della Alt Right, supremo manipolatore del consenso attraverso l’intermediazione dati, guru di Cambridge Analytica, maestro di complottismo e di scenari apocalittici.Bannon arrivò in Italia nel marzo 2018, subito dopo aver perso il suo posto di Chief Strategist a Washington. Prima si era fatto un giro a Zurigo, per incontrare i leader dell’ultradestra di AfD, poi sarebbe volato a Parigi, dove lo aspettava il congresso del Front National. Parlò con Matteo Salvini in un incontro riservato a Milano. Avviò contatti con Fratelli d’Italia e ottenne un appuntamento anche con Luigi Di Maio. La merce che metteva all’asta fu pubblicamente esposta qualche mese dopo, in settembre, alla festa romana di FdI. Se negli Usa aveva monetizzato il sogno di un muro per blindare il Paese, costruito con le donazioni dei cittadini decisi a proteggersi dall’immigrazione, da noi spacciò la profezia millenarista di un’imminente fine della civiltà, di una nuova crisi economica planetaria alle porte architettata dal «Partito di Davos» che avrebbe portato (testuale) «alla fine della razza umana». Brividi in platea. Applausi.Si era alla vigilia delle elezioni europee. In quel momento, l’unico rischio concreto per il Vecchio Continente era la guerra dei dazi aperta da Trump, e tuttavia a nessuno venne il dubbio che Bannon stesse vendendo fumo. Nessuno notò la contraddizione in termini di un’idea sovranista che si lascia suggestionare dal Gran Mogol di un sovranismo straniero. Il racconto di Steve forniva un arsenale potente e persino sexy al nostro partito della paura: un misterioso e potentissimo nemico, lo spavento di altri cosacchi pronti ad abbeverarsi nelle fontane di San Pietro, la necessità di armarsi per una definitiva guerra del Bene contro il Male. Fu sorprendente vedere la rapidità con cui il mondo del sovranismo si innamorò di quel predicatore a stelle e strisce e ne adottò i suggerimenti. Lui ricambiò incoronando Salvini come «la figura politica più importante sulla scena mondiale insieme a Jair Bolsonaro», Meloni come titolare di una «rivoluzione» e tutti e due come leader paragonabili a Trump.Insomma, la merce fu comprata anche se non è chiaro il prezzo. Non si è mai saputo, ad esempio, quale sia stato il partito italiano abbonato ai servizi di profilazione social di Cambridge Analytica, nè si è mai capito con esattezza con quali risorse, appoggi, facilitazioni Bannon abbia tirato su il suo network euroscettico The Movement, l’associazione che avrebbe dovuto demolire l’Unione portando ovunque i sovranisti al potere. Misteriose anche le vie che gli hanno consentito di aggiudicarsi per un ventennio la Certosa di Trivulzi, allo scopo di farne il cuore pulsante dei suoi nuovi Crociati (operazione poi fallita per un ripensamento dei Beni Culturali).Il dubbio che Bannon avesse rifilato agli italiani una solenne fregatura è piuttosto recente. Non uno degli apocalittici scenari con cui abbindolò i suoi referenti e fan si è realizzato. I suggerimenti al «Patriota Salvini» all’epoca della crisi del Conte I («Sarà ancora più potente se andrà all’opposizione di quanto non è al governo») si sono rivelati avvelenati. Meloni non ha ottenuto le entrature di livello che sperava con l’amministrazione Usa. La fronda anti-Bergoglio è stata sconfitta. L’europeismo ha recuperato terreno con l’illuminata reazione all’emergenza Covid. L’idea di fare dell’Italia l’epicentro di un terremoto politico continentale è svanita insieme alle relazioni con gli altri nazionalismi europei, da Marine Le Pen a Viktor Orban, peraltro assai cauti nell’offrire sponde al bannonismo.Resta da domandarsi perché proprio qui, in Italia, il Paese della scaltrezza politica e del sospetto permanente, l’ex-pifferaio magico di Trump sia riuscito a vendere la sua Fontana di Trevi senza troppi sforzi: ingannare gli americani promettendo un muro lungo tremila chilometri è un conto, spacciare a noi (a qualcuno di noi) il miraggio di annientare l’Europa e defenestrare il Papa avrebbe dovuto risultare più difficile