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 2020  agosto 21 Venerdì calendario

Storia del Villaggio Tognazzi

In principio era la riserva incontaminata, nemmeno un emporio ci stava a Torvaianica. La comunità di pescatori minturnesi – unici abitanti di quella terra quasi del tutto disabitata che dalla provincia di Latina si era accampata abusivamente nella zona in quanto ricca di telline era costretta ad andare a comprare i beni di prima necessità a piedi fino al Borgo di Pratica di Mare dove c’era la pizzicheria della famiglia Celori. Fino al ’55 non c’erano né acqua potabile né luce. Tranne che per la Torvaianica-Pomezia, non c’era neanche una strada e per raggiungere la marina si era obbligati a passare per l’unica carrareccia fangosa che attraversava Campo Selva. Dalla metà degli anni ’50 in poi, ultimati i lavori della litoranea che la collegava con Ostia e Anzio, Torvaianica, vittima di un’urbanizzazione sconsiderata, perse in larga parte, ma non del tutto, l’antica vocazione selvaggia piagata dalla cementificazione. 
LE DUNE
Da Cinecittà, Torvaianica si raggiunge in mezz’ora. C’è il mare pulito, la macchia mediterranea e anche le dune sono rimaste, avrà pensato Luciano Salce quando, acquistato uno dei primi lotti incastonati tra Castel Porziano e Campo Ascolano, in quella porzione di litorale romano non sfigurato dalla speculazione edilizia, ci costruì casa. 
A frequentare per primi il nascente caseggiato furono Raimondo Vianello e Ugo Tognazzi. L’attore di Cremona, emulando l’amico Pilantra (pseudonimo del regista romano), investì in quel territorio comprando quattro lotti su due delle tre strade che compongono l’attuale Villaggio: un paio su via Lugano e due su via Misurina. In breve tempo Ugo, oltre a costruire la villa con piscina dove abitava con la famiglia, nel lotto di via Lugano, quello che dava sul lungomare, fece edificare un campo da tennis. 
Le case lì vennero comprate a poco a poco anche da altri che facevano cinema, ma non solo: dall’attore Riccardo Garrone a giornalisti del calibro di Mario Gherarducci. 
Il personaggio più rappresentativo però era indubbiamente Ugo e quindi quel posto, non avendo un nome, e conosciuto principalmente come il Villaggio dove sta Tognazzi venne nominato Villaggio Tognazzi. Fu grazie alla felice idea dell’attore di arricchire con un rettangolo da gioco quel luogo che tutto ebbe inizio.
Il mitico torneo di tennis lo Scolapasta d’oro, che per più di un ventennio fece di quello che poco prima fu un territorio quasi del tutto disabitato una sorta di costola della Dolce Vita, nacque quasi per caso. 
Quando anche Gassman prese a frequentare il Villaggio, nelle pause dalle riprese negli studi di Cinecittà di alcuni film diretti da Salce, iniziò a comporsi la combriccola che diede vita alla storica competizione. Organizzarono inizialmente un torneino giocando anche di sera e i passanti, vedendo i fari del campo accesi, si fermavano a guardare divertiti. In seguito i partecipanti alla competizione divennero talmente numerosi e famosi che una folla di gente si accalcava, attaccandosi pericolosamente alla rete di recinzione del campo. Fu così necessario costruire, nel corso degli anni, prima una tribunetta e in seguito una tribunona dove alla gente comune, e agli abitanti del Villaggio, poteva capitare di guardare Pier Paolo Pasolini giocare contro Paolo Villaggio, Anthony Quinn e Francesco Nuti contro Raimondo Vianello e Carlo Verdone, e vipponi vari. La neonata litoranea durante le giornate del torneo si congestionava dalla Casina Borghese fino a Capocotta neanche fosse la finale di Coppa Devis.

LA KERMESSE
La kermesse si protraeva ben oltre la fine degli incontri culminando nelle interminabili cene nella villa di Ugo: il vero grande mattatore dell’evento. Erano cene molto meno costruite rispetto a quelle di Velletri. A Torvaianica Tognazzi aveva una sorta di brigata che lavorava per lui in cucina. Ugo si limitava a pensare a quello che si doveva servire, accollandosi solamente l’onere della supervisione delle sue ricette, perché le preparazioni erano talmente lunghe che non avrebbe mai potuto cucinare con gli ospiti presenti. La leggenda narra che a notte fonda Tognazzi si palesasse davanti agli invitati avvolto in una tunica bianca con in mano un enorme vassoio con gli spaghetti della staffa che dispensava a chicchessia. Spesse volte la mattina seguente nella piscina venivano rinvenuti generi alimentari di qualsiasi tipo, financo polli interi. Alla base del miracolo generato da quel fenomeno straordinario che furono le estati all’ombra del Villaggio Tognazzi, ci fu principalmente una naturale propensione alla leggerezza di un gruppo di amici che deflagrò, in modo del tutto involontario, in una delle pagine più belle e culturalmente stimolanti del costume italiano, difficilmente ripetibili.