Corriere della Sera, 21 agosto 2020
Etruria, terza archiviazione per Pier Luigi Boschi
Ancora un’archiviazione per Pier Luigi Boschi inquisito nell’intrigata e tormentata vicenda giudiziaria di Banca Etruria di cui era vice presidente.
Stavolta il padre dell’ex ministra Maria Elena, oggi presidente dei deputati di Italia viva, era accusato di bancarotta semplice per un versamento di 700 mila euro che l’istituto di credito aretino aveva concesso come liquidazione all’ex direttore generale della banca Luca Bronchi. È stato il giudice dell’udienza preliminare Fabio Lombardo a scagionare dalle accuse il padre di Boschi e con lui tutti i componenti del cda. Una decisione attesa perché anche la Procura si era espressa per il proscioglimento.
«Chissà dove sono ora coloro che in questi anni ci hanno insultato, offeso e minacciato. Ma oggi è un giorno bello: la verità è più forte del fango», ha commentato sui social la figlia Maria Elena. Il padre però resta ancora indagato in un altro filone di indagini. Perché dopo l’archiviazione di ieri e altre decise in passato, tra le quali la più grave e infamante era l’accusa di bancarotta fraudolenta, resta ancora in piedi il procedimento penale sulle presunte «consulenze d’oro» pagate per studiare la fusione dell’istituto di credito con altre aziende del settore. Un progetto mai andato in porto, però. Resta poi la multa di 144 mila inflitta a Boschi e ad altri membri del cda da Banca d’Italia per omesse e inesatte segnalazioni all’autorità di vigilanza e confermata dalla Corte di Cassazione.
La notizia ha provocato unanime reazioni tra gli esponenti di Iv. «Ci sono i giustizialisti, cioè quelli per cui alla prima notizia sulla stampa (di un avversario politico) lo crocefiggono perché colpevole – ha scritto Ettore Rosato su Facebook —. Poi ci sono i garantisti (che sono quelli che hanno letto la Costituzione) per cui c’è la fiducia nella magistratura, nella consapevolezza che non può essere un giornalista o un procuratore ad emettere una sentenza ma ci vuole un giudice». La ministra Teresa Bellanova ha ricordato che «essere garantisti significa anche rimediare ai danni che una cultura giustizialista e “manettara” inevitabilmente fa, ricordando ogni volta quanto sia essenziale aspettare i tempi della giustizia, per quanto – come in questo caso – possano essere incredibilmente lunghi».